Andrea Montovoli – Genuino dal 1985
Dietro l’irresistibile sorriso ed il corpo scolpito (ma senza tatuaggi) di Andrea Montovoli si cela un mondo fatto di valori d’altri tempi e di tenace, genuina e continua costruzione di sé. Dieci anni fa, comincia la sua carriera nello spettacolo grazie alla volontà di Milly Carlucci di averlo a Ballando con le Stelle. Da allora per Montovoli è stato un susseguirsi di esperienze professionali diverse fra loro: cinema, fiction, televisione, viaggi e fitness, affrontate ciascuna con la serenità di chi si definisce “genuino dal 1985”. Ha imparato presto a farsi forza Andrea che, appena dodicenne, mentre inseguiva il suo sogno di fare il calciatore, ha dovuto fare i conti con un dolore molto grande da gestire: la perdita del suo adorato papà, appena quarantenne, a causa di un aneurisma cerebrale. Oggi Andrea Montovoli è un giovane uomo pronto a vivere l’Estate della Vita, quel momento di maggiore consapevolezza e maturità che lascia spazio ancora a tanta energia e desideri cui dare forma.
Che bambino sei stato Andrea? Cosa sognavi da piccolo?
Da piccolino sognavo di fare l’astronauta (sorride, ndr), ma è durato davvero poco. Il calcio è entrato presto a far parte della mia vita: a 12 anni avrei dovuto cominciare a giocare nel Parma, me la cavavo piuttosto bene, avevo molto fiato e correvo veloce. Poi mi padre, che era anche il mio più grande sostenitore, morì improvvisamente a causa di un aneurisma. Era a lui che dedicavo i miei gol.
Immagino sia stato molto difficile vivere un’infanzia segnata da una così grave perdita.
Sai, la sto vivendo adesso la mia infanzia. In effetti son cresciuto abbastanza in fretta, mia madre era rimasta sola e mia sorella era molto piccola. Ho iniziato a darmi da fare subito, provai a ricominciare col calcio, ma non era più la stessa cosa, dentro di me qualcosa era cambiato. Iniziai così a dare una mano a casa con dei lavoretti, all’epoca vivevo sull’Appenino tosco-emiliano, avevo 15 anni e uno dei miei primi impieghi fu il boscaiolo, nel parco regionale vicino casa. Ho sempre amato molto la natura, mi faceva stare bene, mi alzavo alle 4 del mattino e ripulivamo i sentieri, facevamo lavori di muratura e tanti chilometri a piedi che mi hanno aiutato anche a farmi il fisico (ride, ndr). Poi ho fatto il pizzaiolo per 4 anni.
E ad un certo punto hai cominciato a recitare.
Sì, facendo tanta gavetta in teatro prima, credo sia stata la mia fortuna. Al teatro devi dare, al cinema devi togliere.
Negli anni hai spaziato dal teatro al cinema alle fiction, passando per i reality. Il battesimo di fuoco col grande pubblico è stato con Milly Carlucci nell’edizione 2009 di Ballando con le Stelle.
Eh già, sono passati esattamente dieci anni. Sai Ale, l’altro giorno pensando a quest’intervista ho ripercorso questi ultimi anni e ho realizzato che il dieci sia un numero ricorrente. Ho fatto dieci film al cinema e dieci fiction per la tv.
Io credo che l’essere umano sia aiutato dall’idea dei cicli, quasi a sottintendere la possibilità che qualcosa finisca ma qualcos’altro cominci. Come vedi i prossimi dieci?
Beh, secondo me molto belli, ho compreso che la vita è un’evoluzione. Andrea poco più che ventenne era certamente un Andrea più acerbo. Adesso mi ritrovo sempre genuino (sorride, ndr) però più consapevole: se prima prendevo una strada per pura curiosità da esploratore adesso le prendo perché scelgo di viverla e tendo a farlo sempre a 360 gradi.
Come lo vivi tu il Tempo: è un alleato o un nemico?
È come l’età, è solo un numero, non gli do il peso che gli si tende a dare.
Io credo sia fondamentale un certo atteggiamento della mente nell’affrontare lo scorrere del tempo.
Esatto! Mio nonno Nino ha vissuto 94 anni ed era il mio supereroe. Mi ha insegnato a godere del presente, appieno e senza farsi sopraffare dai cattivi pensieri. I suoi rimedi erano il sole, il mare, il cibo buono: sapeva godere delle piccole cose.
Eppure hai scelto un mestiere complicato, in cui è difficile sentirsi davvero arrivati. C’è qualcosa che ti spaventa, che pensi possa impedire ai tuoi Sogni di prendere forma?
C’è una frase che mi ripeto spesso: “Io non perdo, o vinco o imparo”.
Continua sul numero cartaceo.
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