Giulia Petronio – Ci si incontra negli occhi degli altri
Nel mondo della moda si sente sempre più spesso parlare di Giulia Petronio. La splendida modella romana, protagonista di prestigiose campagne, spot, videoclip, il cui volto è tra i più ricercati da brand e fotografi, possiede anche una meravigliosa voce e un’anima tempestosa con la quale ha imparato a convivere fin da bambina e che oggi l’ha resa una giovane donna che non ha più paura di mettersi in gioco ed inseguire i propri sogni.
Esibirsi su un palco come quello di X Factor era uno di quelli.
La prima volta che ho lavorato con lei sul set di una campagna sono stato subito conquistato dalla dolcezza dei suoi modi ma anche dalla professionalità impeccabile e da quello sguardo ora imbronciato, ora illuminato da un sorriso, che rendeva ogni scatto “vivo”.
Ero certo ci fosse qualcosa di speciale in lei, qualcosa che andava ben oltre l’estetica, quella sorta di vulnerabilità, propria dell’artista, che la rendeva forte e così diversa dalle altre.
Giulia Petronio ha compreso i suoi doni e ne sta facendo un progetto di vita.
L’infanzia di Giulia Petronio
Che bambina sei stata Giulia?
Sono sempre stata una sognatrice, con la testa fra le nuvole, un po’ particolare sotto questo punto di vista perché sentivo che la mia fantasia, il mio spazio mentale, era un luogo sicuro nel quale rifugiarmi e stare bene. Ho iniziato presto ad avere passione per il disegno, la pittura, come tanti bambini credo, ricordo che mi piaceva moltissimo immergermi nei colori, mi rendeva serena, felice. E poi c’era la musica, era una forma d’espressione che m’ha sempre affascinata tanto.
Anch’essa ti rendeva felice? A quando risalgono i tuoi primi ricordi legati alla musica?
Il primo ricordo in assoluto è quello di me piccola in macchina con mia nonna che metteva Battisti. Per me era un momento di grande gioia! Erano tutti stupefatti del fatto che memorizzassi subito le parole. Ricordo benissimo che cantavo a squarciagola con mia nonna “Balla Linda, balla come sai” (ride di gusto).
Poi da lì si è alimentato tutto, sentivo di avere questo bisogno, così chiesi ai miei genitori d’iscrivermi ad un corso di canto e a dieci anni ho iniziato la scuola di musica. Non è stato molto semplice all’inizio, sentivo d’avere questa forte esigenza di cantare ma ero molto timida, impaurita, mi sembrava di condividere una parte così vulnerabile di me, mi sentivo nuda.
E’ bellissima l’immagine di te in auto con la nonna a cantare a squarciagola, mi sembra di capire tu abbia avuto un’infanzia avvolta dall’amore, è così? Cosa ti rendeva quindi così timida e vulnerabile?
Sì ho dei bellissimi ricordi della mia infanzia, i miei genitori mi sono sempre stati molto vicini, anche se mio papà era un medico e spesso non riuscivamo a passare del tempo assieme. Mia mamma ha cercato di farmi anche da padre, si è assunta tante responsabilità, ma ho bellissimi ricordi, viaggiavamo, c’era una bella sintonia. Poi c’è stato un momento che ha fatto da turning point, quando mio papà si è ammalato. Gli scoprirono un tumore al pancreas e dissero che gli sarebbero rimasti cinque mesi di vita. Ho proprio in mente un momento, ero in quinta elementare, in cui tutto quanto da colorato è cominciato a diventare sempre più grigio, ho proprio l’immagine dello spegnersi dei colori, dello spegnersi della mia vitalità ed è una cosa che mi sono trascinata fino a quando non sono andata in terapia, verso la fine del liceo e mi sono sentita rinata. La mia adolescenza è stata, come dire, “non vissuta”, nel senso che la vivevo ma mi sentivo sospesa, in attesa di qualcosa. Ho trovato nella musica un conforto grande, era il mio momento di sfogo, mi ci rifugiavo.
Eri in una fase decisamente delicata, come ti è stata d’aiuto la terapia?
A dire la verità ho iniziato a desiderare di andare in terapia perché volevo essere presente a me stessa, tutta quella nuvola d’angoscia che mi sentivo addosso, un po’ per l’adolescenza e un po’ perché papà aveva dovuto affrontare questo viaggio e io non mi sentivo pronta, mi soffocava. Ero su un’altra dimensione, ma proprio nella quotidianità, quando parlavo coi miei amici ero sconnessa, non ero presente nelle conversazioni e mi spaventava intraprendere qualsiasi tipo di rapporto, di attività. Mi sentivo perennemente altrove. Con la terapia ho imparato ad analizzare la concretezza della vita senza farmi condizionare dai limiti che avevo nella testa, ha riequilibrato quelle percezioni distorte che avevo di me e del mondo, m’ha insegnato a cambiare punto di vista. Poi ad un certo punto mi sono sentita pronta per buttarmi nel mondo e vedere cosa sarebbe successo.
E così hai cominciato ad abbattere i muri, a smetterla con l’autosabotaggio…
Bravo esatto! Hai centrato il punto! Ero piena di muri e tutt’ora ci sto combattendo!
Ho qualche anno più di te e ti confermo che non si finisce mai di affrontare se stessi.
Ho capito di recente tante cose ma so che la strada non finisce mai e che la flessibilità mentale e la capacità di mettersi in discussione mi stanno molto aiutando.
Giulia Petronio: i miei esordi come modella
In quel momento così complicato per te, ad un certo punto entra la moda nella tua vita.
Sì esatto, per me la moda è stata fonte di liberazione da tante paranoie. Quando ho iniziato a fare la modella ho colto l’occasione di cominciare ad esprimermi, sentivo che poteva essere una fonte di espressione e di esperienze. Avevo bisogno di un po’ di colore , di un po’ di leggerezza e mi ci sono tuffata a pesce in quest’esperienza, come se fosse la sola cosa che mi potesse aiutare a conoscermi realmente, ero talmente ingarbugliata in quella fase della mia vita che ho detto basta, ora devo vivere e mettermi alla prova. Avevo 17 anni.
E sei andata avanti come un treno perché oggi sei fra le modelle italiane più ricercate e apprezzate, protagonista di campagne, spot, videoclip, ospite agli eventi. La tua immagine sta crescendo, te lo aspettavi quando hai cominciato?
Oh no, assolutamente no! L’avevo preso come un gioco, un gioco serio a dire il vero, perché la moda richiede una certa apacità di autocontrollo e disciplina che all’inizio mi ha fatto bene, ma poi m’ha danneggiato. Infatti in questo momento della mia vita sto cercando di eliminare tutti quei preconcetti che mi ero dovuta autoinfliggere per fare la modella, tu sai bene di cosa parlo, l’ossessione per le misure per esempio o il senso di costante solitudine col quale fare i conti ma sono molto grata al mondo della moda, mi ha dato, e continua a darmi, l’occasione di conoscermi e di guadagnarmi da vivere. Quando scatto, per me non è un semplice shooting ma un modo che ho per lasciare un pezzetto di me, divertirmi e conoscermi imparando a godere del momento presente.
Fare la modella significa anche interpretare qualcosa d’altro da sé, essere capace di recitare.
Esattamente! Io l’ho sempre vista così! Ho fatti tanti servizi e progetti nei quali mi camuffavo, spesso mi dicono: “Quanto sei camaleontica”! La verità è che mi piace dare forma ai mood board per i quali vengo scelta, dare vita ai personaggi, agli abiti, alle situazioni. Mi diverte, è terapeutico (ride).
Oggi, alla luce di tutto quello che hai vissuto, che donna ti senti? In che momento ti senti?
Con tutte le cose che si dicono sull’importanza del dare spazio alle voci che una donna sente dentro di sé, io sono molto contenta d’aver lottato per cercare d’ascoltarmi che non è sempre facile o scontato, perché tutti ci dicono sempre cosa dovremmo fare, qual è la cosa giusta.
Siamo tutti schiavi delle sovrastrutture sociali…
Esattamente. Ad ogni modo penso di essere in continuo mutamento, sono anni in cui sto capendo tante cose di me stessa, mi sono allontanata da casa, sto facendo tante esperienze, sono sicura che in qualche modo ogni piccola scoperta mi porti in una direzione nella quale sono curiosa di immergermi.
Sei innegabilmente innamorata della vita!
Sì, tanto! (ride) Sono decisamente innamorata della vita e sono legata al concetto di vita come sofferenza, nel senso che apprezzi veramente le cose che hai se sei in grado di empatizzare con ciò che ti accade, anche con le cose brutte, trarne degli insegnamenti, mettere da parte l’ego, metterti in discussione. Esiste sempre la possibilità di scegliere per il bene.
Siamo una società decisamente in crisi, in cui si sta generando una sempre maggiore distanza tra le persone nonostante si sia così “connessi”. Come ti fa sentire?
Eh sì, è proprio vero e io soffro molto per questo perché, al contrario, ho sempre amato condividere, ma mai condivisione sterile, nel senso che in una società come la nostra non è neanche semplice arrivare a toccarsi nel profondo. Tutto scorre veloce e in superficie.
Ma ci si può riconoscere…
Esatto ed è ciò che sto facendo in questo momento. Sono in un momento in cui mi sento pronta per nuove possibilità e anche pronta a scardinare alcune sovrastrutture che adesso non mi appartengono più.
La musica dicevamo essere una costante nella tua vita e di recente il grande pubblico ti ha notato a X- Factor. Quale credi debba essere ora il tuo percorso nella musica?
Ricordo che quando ero piccola e guardavo le esibizioni dei cantanti di X Factor America mi emozionavo moltissimo, pensavo chissà se un giorno potrò farlo anche io, e poi è successo. Sicuramente sono contenta di essermi concessa questa possibilità, volevo mettermi alla prova in questo settore meraviglioso che sento mio ma nel quale c’è tanta competizione e bisogna necessariamente esporsi per riuscire a guadagnarsi un pezzo di terra. Dopo quell’esperienza ho avuto la possibilità d’incontrare professionisti che hanno creduto in me coi quali sto iniziando a collaborare, sono contenta che questa vetrina mi abbia dato la possibilità di prendermi sul serio e di fare un ulteriore passo in quella direzione piuttosto che tenerla come una passione nel cassetto, mettiamola così. Sento il bisogno d’imparare a capire la mia personalità artistica e incanalarla anche attraverso professionisti che credano in me e sappiano aggiungere valore.
Tu credi al gioco di squadra?
Assolutamente sì! Penso che una persona debba saper stare da sola ma non essere sola. Non siamo nessuno se non c’incontriamo nello sguardo di un’altra persona. Ci specchiamo negli occhi degli altri, ci autodeterminiamo grazie anche alla presenza degli altri, all’interazione con gli altri perché tu da solo non potrai mai essere consapevole di tante cose che invece possono diventare molto potenti se condivise con qualcuno.
Sei molto riflessiva, talentuosa, indubbiamente bellissima e sembri essere consapevole del “caos creativo” che è dentro di te e hai anche una laurea in economia. Che cosa è stato lo studio per te?
La scelta di studiare economia era un modo per tenermi coi piedi per terra. Sono sempre stata molto creativa, molto passionale, quindi mi ero detta: “Va bene, ma incanaliamo le energie in una dimensione di “concretezza” , per compensare. Sono molto fiera di aver fatto questo percorso e poi sono dell’idea che tutte le esperienze ti aiutano a crescere. Tutto sommato mi sono messa alla prova anche lì (sorride).
Hai lo sguardo rivolto al futuro ma sei pienamente consapevole di tutto ciò che è stato, che cosa ti motiva?
Mi piace capire i perché delle cose, andarli a scovare. A volte anche a mio sfavore poiché essere superficiali rende forse le cose più semplici, però mi ha sempre intrigato, anche con gli altri, stuzzicarli per cercare di capire quali sono i loro perché, cosa li muove.
E cosa ti spaventa di più?
Una delle cose che mi spaventa di più è l’avere a che fare con la solitudine e con lo scorrere del tempo che inevitabilmente porta a tanti cambiamenti. Il rischio di perdere delle persone care mi fa molta paura ma anche il pensiero di aver sprecato il tempo a disposizione o peggio ancora averlo utilizzato male; non aver passato quel pomeriggio con mia nonna, per esempio. Oggi la si chiamerebbe “fomo” ma non la intendo come paura di perdere un’occasione ma piuttosto come paura di perdere l’essenza delle cose. Da dopo Papà penso di aver sviluppato una certa angoscia rispetto alla paura di rimanere sola.
Eppure hai scelto un mestiere, quello della modella, un percorso come quello della musicista in cui si è spesso da soli. Alla fine sei più forte di quanto credi
Ti ringrazio per averlo detto (ride) E’ una cosa che mi è venuta in mente mentre riflettevo sulla domanda. In effetti mi sono scelto la strada più difficile in relazione a quelle che sono le mie paure. A volte mi soffermo a pensarci e capisco che a me piace sfidare le mie paure.
Al netto del concetto generalmente accettato di vivere il tempo come unità di misura, fatta di ore, di giorni, di anni e di cose da fare. Se ti facessi la domanda fra dieci anni dove ti vedi, quale sarebbe la tua risposta?
In questa fase della mia vita sto cercando di seminare qualcosa che possa portarmi ad una gratitudine maggiore nel futuro. Sento che la versione di me tra dieci anni sarà quella di una donna fiera del suo vissuto e in pace con se stessa. Quello che mi auguro è che io possa avere accanto sempre delle persone con cui sentirmi stimolata, penso che la condivisione sia molto importante, m’immagino di aver fatto uno switch. In questo momento sono molto focalizzata sulla scoperta di me stessa anche un pò egoisticamente.
E quindi pensi non ci sia spazio per l’amore?
Oh no, quello c’è sempre, anche perché non si può decidere, è una cosa che ti cade addosso. E’ fondamentale però non rimanere incastrati nelle relazioni se ci si rende conto che non è ciò che ti fa davvero stare bene.
Come vivi i sentimenti?
Fino a qualche tempo fa non mi sentivo così libera, avevo tante sovrastrutture che mi facevano sentire bloccata ma oggi so che l’amore deve essere travolgente, deve aggiungere, deve essere scambiato. Ho una visione romantica dell’amore e dei rapporti in generale. E’ un pò collegato al concetto di felicità.
E cosa ti rende felice?
L’amore verso me stessa mi rende felice e così accade quando faccio star bene le persone a cui tengo. La felicità è condivisione ed è legata anche alla capacità di aprirsi agli altri, per essere veramente in contatto con qualcuno devi anche essere vulnerabile.
Nel servizio fotografico che abbiamo realizzato a corredo di questa intervista t’ho chiesto d’essere te stessa, volevo che venisse fuori Giulia Petronio. Cosa c’è di diverso tra posare per un servizio di moda e un servizio per raccontare di sé?
Bè è tutto un altro mondo. Quando devi posare per un servizio di moda o un lavoro, devi soltanto entrare in un riquadro che è stato ideato e composto per un dato fine, quindi devi fare la tua parte. Cerchi di capire come incanalare al meglio quella emozione e quella specifica necessità, non ti puoi concedere di essere te stesso al 100%. E’ vero che la moda premia anche il carattere, non è così restrittiva, però quando poi sei libera d’interpretare te stessa è bello potersi concedere di esserlo pienamente.
Oggi attraverso i social si può raccontare di sé, ma si può anche scegliere di non farlo o di mostrare tutt’altro che la verità. Tu che uso nei fai?
Per me i social sono uno strumento molto importante perché mi hanno aiutato ad esprimermi, piano piano ti permettono di entrare in contatto con tante realtà. Penso sia però importante prenderli con le pinze, ancor oggi credo di essere troppo riservata per “certi standard” ma bisognerebbe cercare di non farsi condizionare troppo. I social hanno il potere di veicolare qualunque messaggio e il mio augurio è che siano sempre usati per diffondere pensieri costruttivi, d’ispirazione e sinceri.
Se ti dovessi descrivere con una frase, un aforisma, un aggettivo, quale sarebbe?
Scateniamo tempeste ma ci piace il sole (ride).
Ph Christoper Iapino
Styling & Art Director Vito Rodriguez
Muah Selenia Iacopinelli
Location Spazio Pitteri
Special Thanks:
Brands: