Christian De Sica – La risata e il suo re
Attore, regista, cantante… uno degli ultimi showman dello spettacolo italiano: ecco a voi, Christian De Sica. Figlio d’arte di uno dei più grandi registi e attori della storia del nostro cinema (e non solo). Re incontrastato del botteghino italico. Una carriera lunga quasi mezzo secolo.
Christian De Sica è un mito vivente. Lo raggiungo al telefono in una tranquilla domenica postprandiale e mi colpiscono la sua energia contagiosa, disponibilità a raccontarsi e, naturalmente, simpatia e ironia, sue qualità inconfondibili che l’hanno reso un’icona della commedia italiana. Tanti progetti in cantiere, tra cui un ritorno al cinema con…
Massimo Boldi ha recentemente dichiarato che vorrebbe tornare a fare un film con te. E tu che dici?
Dico che se si dovesse trovare l’idea giusta lo farei volentieri. Dobbiamo sbrigarci, anche perché se aspettiamo un altro po’ saremo davvero troppo vecchi e rincoglioniti (ride, ndr). Quindi, Massimo, ora o mai più!
Oltre a Boldi con quali altri tuoi colleghi ti sei trovato particolarmente bene?
Solitamente vado d’accordo con tutti, credo di avere un bel carattere. Ho lavorato molto bene con Massimo Ghini, Sabrina Ferilli, mio cognato Carlo (Verdone, ndr). Uno dei segreti per fare un buon lavoro e un film di successo è che ci sia un bel clima sul set.
Hai fatto della poliedricità la chiave del tuo successo…
È fondamentale avere più professionalità. Questo mi ha favorito e permesso di durare più a lungo. Quando da ragazzino dissi a mio padre che volevo fare questo mestiere mi consigliò di iniziare dal doppiaggio. E così ho fatto; una scuola durissima e fondamentale. Sono passato poi dalla musica, alla tv, al teatro e al cinema.
Credi che, oggi più che mai, sia necessario essere poliedrici per poter sopravvivere alle difficoltà professionali del mondo dello spettacolo?
Beh, per quelli della mia generazione è stato più facile. Si facevano tanti spettacoli sia in teatro che in tv. Ora è molto più dura. Anche i miei figli stanno avendo grandi difficoltà a crearsi una continuità e realizzare i loro sogni. Purtroppo chi ne risente di più sono proprio i giovani. Certo, ci sono dei vantaggi; oggi è più facile informarsi, i ragazzi sono molto più svegli e hanno un maggior numero di canali per esprimersi e farsi notare.
A cosa stai lavorando?
Ho finito di scrivere la sceneggiatura di un film prodotto da Wildside. Mi rimetto a dirigere dopo tredici anni. È una commedia. Sono felice di tornare alla regia dopo The Clan del 2005. Gireremo quest’estate tra Milano, Torino e Cuba ma non so ancora quando uscirà. Interpreterò un direttore di albergo, si riderà molto ma altro non posso dire.
Nel tuo essere regista quanto è presente tuo padre?
C’è un grande rispetto; non mi considero un vero regista, in tutta la mia carriera ho diretto solo sette film. Mio padre mi ha insegnato che sul set non esiste un leader ma una specie di grande famiglia. Il regista è una sorta di comandante che mette ordine. Non sopporto quelli che urlano, insultano gli attori o lanciano le sedie. Sfruttano quel piccolo potere che hanno senza creare nulla di veramente interessante.
Il mio essere in primis un attore mi permette di capire quanto sia fragile la nostra anima. La severità non produce nulla. I bravi registi sanno valorizzare i difetti degli attori e, per questo, renderli unici e originali. Quando dirigo mi piace approfondire il mondo di ogni attore con cui lavoro. Ricordo una vecchia improvvisazione che si faceva durante i provini: si lancia uno straccio, e se quel pezzo di stoffa si trasforma in qualche cosa di speciale, allora vuol dire che sei di fronte a un attore vero.
Intervista Luca Forlani