Beatrice Pesci – “Look at You” e la mia guida alla Bellezza autentica e allo stile sostenibile
Beatrice Pesci è una donna che ha dedicato la sua carriera a trasformare il modo in cui le persone vedono se stesse e il mondo che le circonda. Con oltre trent’anni di esperienza nel campo della Formazione e Comunicazione aziendale, Beatrice è una Consulente di Immagine diplomata all’Italian Image Institute e una Associated Certified Coach ICF. La sua missione si concretizza in “Look at You“, un progetto che mira a migliorare la percezione di sé delle persone, affinché possano vivere in modo autentico e raggiungere i loro obiettivi personali e professionali.
Con una visione che va ben oltre l’apparenza, Beatrice insegna ai suoi clienti come migliorare l’immagine esteriore non solo per piacere agli altri, ma soprattutto per ritrovare fiducia e determinazione dentro di sé. La sua convinzione è che una buona autostima sia il motore per una vita più soddisfacente e per relazioni interpersonali più solide. In questo percorso, la cura dell’immagine diventa uno strumento potente di trasformazione personale e professionale.
Beatrice Pesci – Con “Look at You” si va oltre l’apparenza
Con “Look at You”, Beatrice offre un approccio innovativo e su misura, che combina tecniche di consulenza d’immagine e metodologie di coaching, con l’obiettivo di creare cambiamenti duraturi e sostenibili. Il suo motto, “Bellezza autentica e Stile sostenibile”, riassume perfettamente la sua filosofia: valorizzare la bellezza individuale, rispettando l’unicità di ognuno e facendo un uso consapevole delle risorse.
Attraverso un caro amico in comune, mentre vivevo un momento complicato della mia vita, ho avuto il piacere di conoscerla e godere pienamente della sua straordinaria professionalità ma, ancor più, sono stato colpito dalla sua storia di rinascita.
Qual è la motivazione alla base del progetto “Look at You”?
Il desiderio di aiutare le persone a sviluppare una percezione positiva di sé tramite la cura della propria immagine. È un percorso che ho vissuto in prima persona: scoprire come l’autostima e la fiducia si riflettano in una vita più piena, relazioni migliori e maggiore capacità di realizzare il proprio potenziale. Con ‘Look at You’, il mio obiettivo è condividere questa trasformazione e fornire strumenti concreti per il cambiamento.
Qual è il messaggio che desideri trasmettere con il motto di ‘Look at You’: “Bellezza autentica e Stile sostenibile”?
Il motto rappresenta due pilastri essenziali della mia filosofia: ‘Bellezza autentica’ invita le persone a scoprire il proprio valore intrinseco, lontano da standard esterni, mentre ‘Stile sostenibile’ significa un approccio che va oltre l’etica e la responsabilità ambientale. È la capacità di valorizzare e ottimizzare le risorse che ognuno di noi ha a disposizione, come il tempo, il budget e le proprie caratteristiche personali, per costruire un’immagine autentica, duratura e in linea con i propri obiettivi.
In qualità di Self Image Coach, quale missione guida il tuo lavoro oggi?
Lavoro per aiutare le persone a costruire una vita più soddisfacente, migliorandone l’autostima e favorendo relazioni autentiche basate sulla fiducia. Voglio accompagnare i miei clienti a raggiungere sicurezza e determinazione, sia in ambito personale sia professionale perché, credo fermamente che una migliore immagine di sé non solo potenzia la resilienza di fronte alle sfide della vita, ma amplifica anche la capacità di uscire dalla propria zona di comfort. per realizzare i propri sogni e desideri, creando una vita in cui ci si riconosca davvero.
Che infanzia è stata la tua?
Nasco in una famiglia con dei genitori giovanissimi e adesso, da adulta, capisco quanto si siano sacrificati per me. Vengo però coccolata da tutti, in particolare da due mie zie che per me sono state due mamme, e da mia nonna. Cresco pensando di essere una bambina piena di risorse, piena di qualità e lo ero, anche perché tutto sommato ero molto brava a scuola, riuscivo bene in tutto quello che facevo. Sono stata cresciuta da mia nonna, con un ‘educazione, se vuoi, un po’ “anni Cinquanta”, quindi ad essere una brava padrona di casa, educata, informata sulle regole del galateo, una signorina di buona famiglia insomma.
Nel frattempo facevo anche sport agonistico, ho iniziato prestissimo, avevo nove anni e per i successivi dieci mi sono allenata tutti i giorni in piscina., Dico sempre che ho fatto il militare da piccola perché dai 9 ai 13 anni ho nuotato all’ Accademia della Guardia di Finanza di Roma e i miei allenatori erano degli ufficiali. Si trovava a due passi da casa mia, quindi mio papà mi infila lì e io comincio a fare la brava bimba anche in quell’occasione.
Ed era ciò che desideravi?
In realtà no, vincevo le medaglie e andavo molto bene, ma a dire la verità quando stavo diventando una ragazzina, ho anche cominciato a desiderare qualcosa di diverso dal passare tutti i pomeriggi in piscina, mentre le mie amiche magari si vedevano e uscivano assieme.
Comprensibile, facevano ciò che è proprio dell’adolescenza. Mentre per te, le aspettative erano sempre molto alte?
Esatto, altissime. Dovevo essere bravissima a scuola, bravissima nel nuoto. Io a un certo punto non ce l’ho fatta più, perché comunque avevo un’indole più artistica, più femminile. Quando vidi i film di Esther Williams capii che volevo fare nuoto sincronizzato, ricordo che pensai, la danza non me l ‘hanno fatta fare, ma con questa disciplina continuerei a nuotare facendo però qualcosa più nelle mie corde.
Sei stata coraggiosa, eri appena una ragazzina.
Credo di sì, perché quella fu la prima volta che mi ribellai. Avevo 13 anni, mollai le Fiamme Gialle e ricominciai da capo, riuscendo di nuovo ad entrare nella squadra agonistica di nuoto sincronizzato, ho fatto altri sei anni di agonismo ad alti livelli, sono stata campionessa italiana, m’allenavo tre ore al giorno ed eravamo una squadra di ragazze molto unite e motivate, tu considera che l’attuale allenatrice della nazionale, era mia compagna di squadra e in squadra con me c’era l’ attuale commentatrice Rai, Paola Celli.
Quindi l’ambiente del nuoto sincronizzato, è stata la tua casa fino a quando sei andata all’ Università e in quegli anni non c’è stato spazio per le frivolezze tipiche dell’età? Avevate a che fare sempre con un mondo di adulti, mai di coetanei?
Coetanei zero, io quando c’erano le feste del liceo andavo alle cinque del pomeriggio, quando ahimè non c’era ancora nessuno e me andavo alle sette quando cominciavano ad arrivare gli amici, perché dovevo allenarmi.
Immagino che per un’adolescente sia stato difficile rinunciare a vivere pienamente la propria età.
Sì, decisamente. Considera che io ho vissuto una crisi dell’adolescenza piuttosto pesante.
In che senso?
Quando ero piccola ho messo gli occhiali a quattro anni, tutti mi hanno sempre ripetuto quant’ ero brava e quant’ ero bella e non mi accorgevo di non essere in realtà bella quanto mi dicevano gli adulti intorno a me.
Invece poi il confronto con l’adolescenza, con i compagni di scuola, con quelle di sincronizzato perché tutte avevano il loro fidanzato, avevano dato il primo bacio, ha fatto sì che mi rendessi conto d’essere “un disastro”, ero veramente un pesce fuor d ‘acqua, di nome e di fatto e ci soffrivo anche molto.
Mia mamma mi ha sempre ripetuto che comunque dovevo realizzarmi nella mia vita professionale perché l’indipendenza era importante e mia nonna, che lo era anche il matrimonio. Io però non credevo di piacere e pensavo anche che non mi sarei mai sposata. Ero veramente molto demotivata, rispetto alla capacità di relazionarmi con gli altri. Mia mamma non si curava molto del mio aspetto, i miei genitori badavano più a quello che credevano fosse “sostanza”.
Diciamo che erano più propensi a vederti come atleta, studentessa e futura sposa che a vederti per la giovane donna che volevi essere?
Sì, esatto. Quando avevo un paio di jeans, due felpe, una tuta, per loro andava bene così. Io invece ci tenevo molto, vivendo appunto vicino alle mie due zie che avevano tanto gusto e anche mia nonna che era una signora sempre curata. Allora io che facevo? Andavo a cercare nei mercatini, nelle cassapanche. Ho iniziato a lavorare a quindici anni con mia mamma, l’aiutavo in palestra e coi miei risparmi andavo a fare acquisti o miglioravo le cose che trovavo per casa per valorizzarmi un po’. Con magri risultati all’ inizio (ride di gusto ndr), però ci tenevo e sognavo.
Cosa sognavi?
Le luci della ribalta mi sono sempre piaciute. Quando ero piccola, mi ricordo, avevo tre anni e aspettavo il sabato per ballare insieme a Raffaella Carrà (ride ndr). A parte gli scherzi, per salire sul “palcoscenico della vita” ho dovuto aspettare fino a quando ad un certo punto mi sono tolta gli occhiali e ho visto che, se andavo alle feste senza occhiali, qualcuno m’invitava e ho cominciato a capire cosa avevo di bello da valorizzare, un sorriso, le gambe, quali fossero le parti di me che potevo, insomma, utilizzare per acquisire una maggiore sicurezza in me stessa.
Com’è avvenuta questa scoperta?
Ho imparato gradatamente a valorizzare i miei punti di forza e quando ho iniziato a vedermi bella anche da sola, non solo negli occhi degli altri, ho capito che certe sicurezze si acquisiscono, nella maggior parte dei casi.
Ed è ciò che aiuti a sviluppare nelle tue consulenze?
Certo, tutti quanti possiamo, e dobbiamo, lavorare su una maggiore consapevolezza di noi stessi, su una visione, su degli obiettivi. Ci sono tanti strumenti cognitivi che ci aiutano e tanti percorsi che possono supportare lo sviluppo di una visione positiva e soddisfacente però, per tanti motivi anche culturali, noi donne (ma non solo) siamo molto sensibili all’ immagine che abbiamo di noi stesse. Cosa vediamo quando guardiamo lo specchio? L’avevo dovuto scoprire per me stessa, per poter diventare la donna che davvero sentivo di essere. E’ provato scientificamente che migliorando l’immagine di sé, ma questo come hai detto tu, non solo per le donne, anche per gli uomini, i giovani, le persone più mature, aumenta moltissimo la propria consapevolezza, la propria autostima, la propria sicurezza, ci si riconosce meglio nella società, aumenta l’identità sociale e addirittura hanno scoperto che aumenta anche il profitto scolastico.
Quindi partire dall’ immagine di sé, non è affatto frivolezza quanto piuttosto una scelta efficace per raggiungere degli obiettivi che mai avremmo pensato di poter raggiungere.
Mi piacerebbe concentrarmi su questo, diciamo, dualismo, perché abbiamo parlato di una educazione rigorosa che ti vedeva sicuramente impegnata nello studio, però anche una sorta di retrogusto, lo hai detto tu stessa, da anni Cinquanta in cui comunque, il completamente effettivo della donna passava sì dalla professione ma anche dalla relazione, quindi dal matrimonio, giusto?
Sì, sì, e forse anche per questo che ho scelto sempre delle persone accanto che rispecchiassero questo mio valore, invece di scegliere veramente l’amore, ho sempre pensato che l’ uomo che stesse al mio fianco dovesse essere qualcuno che fosse specchio del mio valore, come se l’ immagine che avevo di me derivasse anche da questa condizione. Peraltro, l’uomo che ho sposato, e di cui ero innamorata, si è rivelato non essere la persona che io ho creduto fosse per 25 anni. Ad ogni modo sì, penso che il fatto che dovessi non solo essere brava nel lavoro ma anche una brava moglie, avere un marito di successo (perché lo “status sociale” dipendeva anche dal marito) ed essere una brava mamma, sia stato molto condizionante, com’è ancor oggi per tante donne.
E ci hai messo, dicevi, 25 anni per “rinascere”. Oggi sei una donna nuova, rinnovata.
Io ho avuto due momenti di crisi. Uno è stato appena laureata in Economia col massimo dei voti. Potevo scegliere il lavoro che volevo, purtroppo però è coinciso con un momento in cui mi sono innamorata follemente e ho cominciato a mettere da parte la mia carriera per le scelte sentimentali. Poi mi sono sposata, ho avuto le mie figlie abbastanza presto e, anche se ho sempre lavorato, mi sono dedicata principalmente al benessere della mia famiglia, facendo scelte professionali che non ne minassero la serenità.
Eri la sola a farlo o hai avuto il supporto di tuo marito?
No, zero. Quello che si dice adesso è verissimo, cioè una donna non può far tutto se non ha una piena condivisione delle responsabilità familiari. All’ epoca davo per scontato che questa non ci fosse.
Hai un bel rapporto con le tue ragazze?
Ho un bellissimo rapporto con le mie figlie, loro hanno avuto molto successo, hanno fatto tutte le cose che avrei voluto fare io, sono andate all’ estero, sono andate via da casa, hanno fatto delle università prestigiose, si sono laureate bene, fanno dei lavori fighissimi, hanno una bella vita sentimentale e io sono molto orgogliosa di loro. Ecco, dicevo, orgogliosa e credo, tutto sommato, anche soddisfatta del fatto che quelle mie rinunce abbiano portato a questo tipo di risultati per loro.
Però è legittimo ad un certo punto che la tua essenza, i tuoi desideri abbiano cominciato a farsi sentire….
Fa parte della natura umana. Infatti quando poi loro sono cresciute, sono diventate autonome, io ho voluto trovare la mia dimensione, tra l’altro dopo 25 anni di matrimonio mi sono ritrovata con un marito che ha preso un’altra strada e mi ha lasciato sola ma con tante energie di nuovo a disposizione . Da quel momento è cominciato per me un nuovo capitolo e ho deciso che avrei messo tutta la mia esperienza nel business e nella vita per dare maggiore consapevolezza alle donne, al loro potere, al loro valore.
Ti è scattata una molla dentro…
Sì, una cosa che ho letto che mi ha proprio preso e cambiato l ‘approccio, non so come dire, mi ha dato una visione completamente diversa di come avevo vissuto, è stato il libro “Lean In” di Sheryl Sandberg che è l ‘ex CEO di Facebook. Lei ha scritto un libro molto provocatorio sul fatto che noi donne, a volte, siamo trattenute da un ambiente maschilista, dalla società, ma a volte siamo anche noi stesse che ci tiriamo indietro. Perché pensiamo di non essere capaci, perché pensiamo di non aver diritto, perché pensiamo che poi comunque dovremmo fare una famiglia e poi non ce la faremo. Questo impatta su tutta una serie di cose, come il fatto di non saper negoziare, per esempio, un aumento di stipendio perché non siamo consapevoli del nostro valore, non concorriamo per dei posti di carriera perché pensiamo sempre di non essere all’altezza, quindi a volte siamo noi che ci boicottiamo o anche semplicemente temiamo che desiderare troppo sia in qualche modo inappropriato.
“Look at you” ha proprio questa missione, far comprendere che tutti quanti, sia uomini che donne, possiamo desiderare e raggiungere degli obiettivi incredibili e sempre nuovi lavorando su una maggiore consapevolezza di noi stessi.
Il tuo motto, dicevi, è appunto “Bellezza autentica e stile sostenibile”. Aiutami però a comprendere qual è il punto di equilibrio, perché comunque viviamo calati in una società che ci bombarda di immagini e sono quasi tutte, diciamo, anelanti all’ irreale, cioè è un momento in cui soprattutto le giovani generazioni hanno davvero difficoltà ad accettarsi, giusto?
Sì, perché ci si confronta con un ideale irraggiungibile e artefatto a cui sentiamo il dovere di omologarci.
Per questo sono voluta diventare coach, per aiutare le persone a guardarsi meglio dentro, a capire veramente chi sono e cosa vogliono. Una domanda che faccio alle clienti è: “Quando sei con altre persone, cosa vorresti che si vedesse di te?” E loro stesse rimangono sorprese di non saper mai rispondere!
Quindi nei tuoi percorsi non ci si limita a migliorare l’estetica ma si fai un lavoro di costruzione dell’identità?
Proprio così, quando si lavora sull’ identità poi gradualmente dal bozzolo in cui si era viene fuori la persona nella vera essenza e quando alla fine del percorso ci si guarda allo specchio e ci si vede davvero, riconoscendosi, è sempre un momento fantastico.
E prova a raccontarci un aneddoto legato appunto a una delle storie delle tue clienti, quale trasformazione è stata più eclatante?
Consideriamo che di solito le clienti che vengono da me, in un modo o nell’ altro, sono sempre ad un punto di svolta nella vita. Ricordo con piacere una giovane mamma, a cui peraltro il percorso è stato regalato dal marito perché voleva che riacquisisse un po’ di gioia, di sicurezza, dopo questo momento importante che è di grande trasformazione sia fisica che emotiva.
Questa ragazza, terminato il periodo di maternità, doveva ritornare a lavorare e stava vivendo la cosa con grande angoscia. A un certo punto mi ha detto: “Sai io sto pensando di lasciare lavoro perché vorrei seguire di più mio figlio, non mi sento tranquilla”. Abbiamo cominciato a lavorare ed è uscito fuori che lei non voleva tornare al lavoro perché in realtà il lavoro che stava facendo non la soddisfaceva pienamente. Durante il percorso l’ho vista piano piano rifiorire e, non solo è tornata a lavorare, ma sta facendo il lavoro dei suoi sogni, è serena come madre, serena come professionista, una donna appagata che non ha più timore di ascoltarsi.
Come vengono gestite le sessioni, immagino che siano in qualche modo personalizzate, giusto?
Allora, ci sono vari percorsi, ovviamente tutti personalizzati per ciascuna, ma poi Il percorso dal quale quasi tutte partono è quello che io chiamo “quick start” che appunto è una partenza veloce utilizzando una consulenza d’ immagine mixata alle tecniche di coaching quindi colori, e forme che valorizzino la persona nella sua autenticità e peculiarità . Poi si affronta un discorso di guardaroba e stile personale che è molto legato appunto agli obiettivi di vita e alla propria identità. I contesti anche, è chiaro, nei quali poi una persona vive e desidera muoversi. Quando l’immagine di se si è rafforzata e si prende sempre più confidenza in se stessi e nelle proprie aspirazioni c’è poi il coaching puro, che aiuta a convertire la propria visione in obiettivi concreti per uscire dalla propria zona di comfort e, un passo alla volta, raggiungere quello che io chiamo l ‘extra-ordinario.
Quanto costa un percorso di questa natura? È vero che ce ne sono differenti ed è vero che sono in qualche modo personalizzati e personalizzabili, ma per farsi un’ idea?
Si parte dai 270 euro per il percorso quick start e si arriva, per un percorso completo, intorno ai 1200 euro. Ora queste sono le cifre che molte spendono per un trattamento estetico, che poi dura lo spazio di qualche mese quando va molto bene, mentre invece questi sono percorsi che rimangono per tutta la vita. Anzi, concorrono proprio a un processo di continuo miglioramento.
E’ un piccolo ma significativo investimento sul proprio futuro.
A me piace immaginare che siano dei semi che curati sbocciano e rendono la vita migliore, a qualunque età.