Fattoria Vittadini – Compie 15 anni il collettivo d’artisti milanese
Grazie alla compagnia di danza nata a Milano, Fattoria Vittadini, vogliamo intraprendere un viaggio virtuale all’interno delle tante compagnie e spazi dedicati alla Cultura.
Gruppo numeroso ed eterogeneo, Fattoria Vittadini, è un collettivo in continua evoluzione artistica, che valorizza sia il lavoro di gruppo che la crescita dei singoli, attraverso la formazione continua, la ricerca, il perfezionamento professionale e la contaminazione con altri artisti.
Lo studio insieme in Accademia Paolo Grassi, guidati da Luciana Melis e Maria Consagra, ha definito sempre più un approccio teatrale alla danza, enfatizzando la loro capacità nel raccontare storie e di comunicare emozioni e concetti complessi.
Fattoria Vittadini – Com’è cominciato tutto
Dicembre 2024
Fattoria Vittadini compirà 15 anni, prima però partiamo dall’inizio.
“Quando è arrivato il momento di scegliere il nome della nostra compagnia – a parlare è Mattia Agatiello – ci siamo interrogati su cosa potesse rappresentarci davvero.
Dopo lunghi confronti e qualche proposta stravagante, abbiamo capito che il nome doveva riflettere ciò che ci univa profondamente. Quello che avevamo in comune, in quel momento, era il luogo dove ci eravamo formati insieme, affrontando tre anni di studio, sudore e fatica.
L’Accademia Paolo Grassi, infatti, si era da poco trasferita dalla storica sede in Palazzo delle Stelline all’edificio di via Salasco, un tempo sede della Centrale Sperimentale del Latte e dello Yogurt (anche questo è stato uno dei possibili nomi) e, prima ancora, Fattoria Vittadini. Questo nome, che richiama il passato del luogo, ci è sembrato perfetto: simbolo delle nostre radici comuni e di quel destino che ha riunito undici persone in un unico percorso, spingendole a fondare una compagnia insieme”
Luglio 2024
“Indelebile nella nostra memoria è la calda giornata di luglio 2009 – a parlare dei primi ricordi è Noemi Bresciani – in cui tutti e tutte insieme all’ingresso dell’Accademia Paolo Grassi, su un tavolino tondo grigio abbiamo firmato il nostro statuto e ci siamo ufficialmente costituiti associazione culturale, pieni e piene di un giovane entusiasmo e carichi di desideri e progetti.
In scena invece rimane indimenticabile il debutto della nostra prima creazione ufficiale di compagnia My true self, più o meno un anno dopo la nostra costituzione.
Sempre luglio, sempre caldissimo, eravamo ospiti al DidStudio che purtroppo aveva un guasto all’aria condizionata, rimediammo in corsa ventilatori e dei sudatissimi noi riuscirono nonostante le avverse condizioni a presentare il risultato di un folle e accuratissimo lavoro che per tanti anni è stato come un Manifesto per noi. Fu una conquista, eravamo riusciti a realizzare il nostro primo grande desiderio, prestarci come interpreti ad una coreografa che amavamo e che cucì su misura per noi una coreografia fresca e intrigante.
È bene ricordare che la nostra conformazione è da sempre particolare – continua Noemi Bresciani – siamo un collettivo che si è sempre definito fluido e che quindi nel tempo si è molto trasformato in accordo con la nostra evoluzione e crescita artistica e creativa. Siamo nati con l’intento di creare un collettivo di performer interpreti che si mettessero a disposizione di coreografi esterni alla compagnia, scelti per amore e interesse reciproco. Quindi le nostre energie dei primi anni si sono focalizzate nel cercare di realizzare questo obiettivo, senza però impedire a chi di noi fosse interessato di intraprendere un percorso autoriale.
I nostri primi anni produttivi hanno quindi visto affiancarsi produzioni numerose e collettive come My true self, To this purpose only, Ooooooo(IT) e unravelled heroes a produzioni autoriali, dove le singolarità portavano avanti la propria ricerca creativa, a volte avvalendosi della collaborazione dei soci di compagnia altre volte coinvolgendo danzatori esterni.
“Fattoria Vittadini – continua nel ricordo Mattia Agatiello – nasce grazie a un gruppo di undici danzatori appena diplomati al corso di Teatro Danza della Scuola Paolo Grassi, spinti dal desiderio di esprimere la nostra creatività senza compromessi, abbiamo fondato la compagnia come un collettivo aperto e multidisciplinare, in grado di unire diverse sensibilità artistiche e approcci innovativi, un collettivo orizzontale, dove la direzione artistica e il gruppo di danzatori coincidono.
La nostra missione è promuovere la danza contemporanea come linguaggio vivo e potente, capace di esplorare tematiche attuali e instaurare un dialogo profondo con il pubblico. La nascita di Fattoria Vittadini è stata la risposta a un’esigenza precisa: volevamo creare una piattaforma che non solo sostenesse la nostra crescita artistica individuale, ma fungesse anche da motore di sviluppo per una comunità più ampia, inclusiva e dinamica. Questa visione ci ha portato a lavorare su progetti che fondono danza, teatro, performance e altre discipline artistiche, aprendo spazi di collaborazione con coreografi e artisti provenienti da contesti diversi. Questo è lo spirito con cui Fattoria Vittadini è nata e che continua a guidarci anche oggi.
Fattoria Vittadini – Con Spazio Fattoria all’interno della Fabbrica del Vapore a Milano
Nel corso degli anni, la nostra compagnia è cresciuta e ha ampliato il proprio orizzonte, fino a prendere in gestione Spazio Fattoria, nel 2018, all’interno della Fabbrica del Vapore a Milano.
Questo luogo è diventato il fulcro delle nostre attività. Grazie a questo spazio, abbiamo rafforzato il nostro impegno verso l’innovazione, l’inclusione e la creazione di nuove esperienze artistiche, sempre con un’attenzione particolare alla pluralità di voci e linguaggi”
Spazio Fattoria, oggi quartier generale di Fattoria Vittadini e delle realtà con cui collabora, è un luogo dove si concretizzano i loro processi creativi e dove sviluppano progettualità di forte impatto sul territorio milanese. Con passione, apertura, sensibilità per le diversità sociali, rispetto e cura, Spazio Fattoria vuole essere un luogo fatto di persone, ospite e custode di cultura e idee.
Oltre all’attività di produzione artistica di spettacoli, la compagnia è promotrice di eventi e festival con una particolare attenzione ai temi dell’accessibilità, della sostenibilità e multidisciplinarietà, tra cui il Festival del Silenzio, Festival internazionale di performing arts con focus sulle Lingue dei Segni e la Cultura segnante, premiato con due Medaglie del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Th!nk P!nk, festival dedicato al femminile e PAF! Performing Arts Festival KIDS &YOUNG, rassegna dedicata alle nuove generazioni.
“Abbiamo sempre considerato la Fabbrica del Vapore un importante polo artistico e culturale nel cuore di Milano – ci spiega Maura Di Vietri – Già durante gli anni della nostra formazione, frequentavamo le lezioni di danza contemporanea presso il DID Studio di Ariella Vidach, nostra insegnante di accademia e coreografa.
La Fabbrica del Vapore rappresentava quindi per noi un ambiente familiare e stimolante.
Determinante fu l’anno 2018, quando, all’interno di diversi spazi della Fabbrica, realizzammo la prima, fortunata edizione del Festival del Silenzio, a cui venne conferita la Medaglia d’Oro al Valore dal Presidente della Repubblica. Questo traguardo e riconoscimento ci diede il coraggio di cogliere l’opportunità offerta da un nuovo bando pubblico per la concessione degli spazi della Fabbrica del Vapore.
Come associazione culturale, ci applicammo per ottenere uno spazio tutto nostro: una sede stabile in cui consolidare il nostro impegno e presenza come parte attiva e vibrante della comunità artistica milanese”
“Gli anni, le vite e le nuove progettualità – continua Noemi Bresciani – hanno pian piano rimescolato le carte e complessizzato la produzione, arrichendola di nuove collaborazioni nel mondo dell’Opera e della performance multidisciplinare. E aprendosi anche a sostenere nuov* artist* non facenti parte del collettivo.
Nel corso del tempo ciascun* di noi ha specificato il proprio percorso e la propria ricerca e di conseguenza anche la produzione si è puntualizzata e ridefinita, abbiamo dato molto più spazio alle diverse autorialità producendo vari soli e progetti multidisciplinari. Finché è tornato il desiderio di ritrovarsi gruppo e ritrovarsi in sala come interpreti, ma questa volta anziché metterci nelle mani di un coreografo esterno a noi, abbiamo osato metterci a nostra disposizione, tentando quindi la faticosa ma gratificante strada di creazione collettiva con il progetto Origini che ha dato vita alla performance Come non luogo non sono male (incipit di una poesia di Alessandra Bordino nella quale ci rispecchiamo non poco), che debutterà il 13 e 14 dicembre 2024 a Spazio Fattoria.
Data la nostra natura polimorfica e in continua trasformazione non è necessariamente così limpido, ma ci sono dei desideri e dei progetti in corso che si proiettano nel futuro. C’è una fresca e frizzante collaborazione con il Balletto di Torino per produrre una nuova coreografia di Nicola Mascia (il Nicola dei Matanicola coreografo di To This Purpose Only, produzione del cuore di Fattoria Vittadini) e c’è il desiderio di creare un progetto multicoreografico in cui ogni autore di Fattoria Vittadini coreografi un gruppo di giovani danzatori indagando lo stesso tema ma ognuno con il suo specifico stile”
In Italia tanti gli spazi dedicati al teatro, molti off e spesso invisibili, pochissimi dedicati alla danza contemporanea, quali le difficoltà di ieri che siete riusciti a vincere?
“In passato – a rispondere è sempre Maura Di Vietri – una delle maggiori difficoltà è stata trovare luoghi adatti a ospitare progetti e spettacoli di danza contemporanea. La mancanza di fondi e di strutture stabili ci ha spesso costretti a ricorrere a spazi temporanei o a creare collaborazioni per poter esistere e condividere il nostro lavoro con il pubblico.
Ciò che è cambiato, nel tempo, è stato il modo in cui la danza ha saputo adattarsi a nuovi spazi fisici e “virtuali” per potersi esprimere e avvicinare ad un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo. Questo processo di adattamento ha permesso alla danza contemporanea di evolvere, trovando nuovi contesti per le sue rappresentazioni, spesso al di fuori dei teatri tradizionali.
Negli anni, come Fattoria Vittadini, siamo riusciti a superare alcune di queste sfide grazie alla tenacia e all’impegno. L’assegnazione di uno spazio stabile alla Fabbrica del Vapore ha rappresentato una svolta fondamentale per la nostra compagnia. Questo luogo ci ha dato la possibilità di costruire una casa creativa e progettuale in cui sviluppare e mostrare il nostro lavoro. Grazie a un ambiente come Spazio Fattoria, oggi possiamo portare avanti la nostra visione artistica e offrire al pubblico un luogo in cui la danza contemporanea e le performing art possano finalmente trovare visibilità e riconoscimento”
Quanto coraggio ci vuole costituire una Compagnia di danza contemporanea con uno spazio dedicato?
“Richiede certamente coraggio – queste le parole di Mattia Agatiello – ma questo è solo il primo passo di un lungo cammino.
Il coraggio, infatti, deve essere alimentato da una dose costante di dedizione, rigore e soprattutto perseveranza, perché le sfide sono molteplici e continue.
Il coraggio è necessario per affrontare l’incertezza, per investire tempo ed energie in un settore che, specialmente in Italia, non sempre riceve il sostegno e il riconoscimento che meriterebbe. Ma è la costanza che ci permette di rimanere concentrati anche quando le difficoltà sembrano insormontabili: ogni giorno è una nuova prova, e la dedizione è ciò che ci spinge a non mollare, anche quando le risorse scarseggiano o il riconoscimento tarda ad arrivare.
Serve anche un certo rigore, perché gestire uno spazio significa confrontarsi con la logistica, con la burocrazia, con la responsabilità di creare un luogo che sia accogliente, professionale e sempre all’altezza delle aspettative degli artisti e del pubblico. E poi c’è la disciplina artistica, il continuo lavoro di ricerca e innovazione che non possiamo mai abbandonare, perché è ciò che alimenta il nostro progetto e lo rende vivo.
Infine, serve un pizzico di incoscienza, quella capacità di andare oltre il calcolo razionale e di lasciarsi guidare dalla passione e dalla visione. Perché senza un po’ di follia, senza la volontà di osare e di credere che qualcosa di speciale sia possibile, una realtà come la nostra non esisterebbe.
In fondo, gestire una compagnia e uno spazio dedicato significa anche assumersi la responsabilità di creare un luogo di crescita, di condivisione e di ispirazione per altre generazioni di artisti. È una sfida che richiede tutto: coraggio, sì, ma anche l’impegno di costruire qualcosa che lasci il segno”
Lo Spazio Fattoria vuole essere una casa DI cultura o DELLA cultura?
“Spazio Fattoria vuole essere una casa della cultura e non semplicemente una casa di cultura – continua Mattia Agatiello – La differenza è sottile ma fondamentale: una casa di cultura è un luogo dove si fa cultura, uno spazio aperto ad attività ed eventi artistici che “ospita” le diverse espressioni del contemporaneo. È un contenitore di iniziative che permette alla cultura di prendere forma e di essere fruibile.
Essere una casa della cultura, invece, implica un ruolo più profondo e radicato. Significa non solo accogliere la cultura, ma rappresentarla, sostenerla e darle voce in modo attivo e costante. Spazio Fattoria, in questo senso, non vuole essere solo un luogo che ospita arte e performance, ma un presidio culturale, un punto di riferimento e un simbolo per la comunità. Vogliamo che lo spazio si trasformi in una realtà che vive e cresce insieme al territorio, un luogo che non solo riflette le identità locali ma contribuisce a plasmarle e a farle evolvere.
Essere una casa della cultura significa, per noi, lavorare per un dialogo continuo tra arte, persone e territorio, costruendo relazioni profonde e durature. Vogliamo che Spazio Fattoria sia uno spazio che appartiene alla comunità, un luogo che non solo accoglie ma crea cultura, contribuendo a lasciare un’impronta significativa e a sostenere la crescita delle nuove generazioni”
Nel corso degli anni la compagnia Fattoria Vittadini ha avuto l’opportunità di lavorare con nomi di rilievo come Vidach, Childs, Godder, Sieni, Certini, Weinberg, matanicola, D’Anna, Ohno, Sieni, Carrol, Abreu, Seghal, Graziadei, Thompson, Hernandez, Lombardo, Ninarello, Collettivo Cinetico e Senatore.
“Abbiamo avuto la fortuna di collaborare con tanti artisti talentuosi e di diverse provenienze, arricchendo la nostra visione e il nostro lavoro – ci spiega Mattia Agatiello – Tuttavia, ci sono ancora dei desideri inespressi e alcuni nomi con cui sognamo di poter collaborare.
Tra questi, Dimitris Papaioannou, un artista che riesce a combinare in modo unico la fisicità dei corpi con l’elemento visivo e scenografico, creando mondi simbolici e potenti. Il suo approccio alla creazione scenica, che unisce corpo, immagine e mito, trova forti risonanze con il nostro interesse per la contaminazione dei linguaggi e per una scena che parla attraverso il corpo e il simbolo.
Anche Jasmine Godder rappresenta un punto di riferimento: la sua capacità di esplorare temi intimi e sociali attraverso movimenti delicati e intensi è in linea con la nostra ricerca di un’arte che apra domande, che educa il pubblico alla meraviglia della diversità e della complessità umana.
Alain Platel, invece, incarna una teatralità viscerale, che tocca l’umano e l’universale, portando in scena fragilità e intensità emozionale. Questa sensibilità ci ispira profondamente, perché anche noi miriamo a un’arte che sia inclusiva, che celebri l’alterità e l’autenticità dei corpi in scena.
Infine, Sasha Waltz, pioniera della multidisciplinarità, ha sempre lavorato per unire danza, architettura e installazione, creando una scena dove il corpo dialoga con lo spazio in modo innovativo e immersivo. La sua ricerca risuona con la nostra visione di un teatro performativo che può abitare sia spazi convenzionali che non convenzionali, amplificando l’esperienza del pubblico.
Collaborare con questi artisti sarebbe un sogno che arricchirebbe profondamente la nostra esperienza e porterebbe nuove prospettive per il nostro pubblico, permettendoci di esplorare linguaggi sempre più innovativi e coinvolgenti.
Per questo motivo vorremmo che lo spettatore si portasse a casa un’esperienza che vada oltre la semplice fruizione di uno spettacolo, qualcosa che risuoni nella loro quotidianità. Speriamo di poter offrire un momento di riflessione, una sensazione di connessione, o persino una nuova prospettiva su sé stessi e sul mondo.
La danza contemporanea, con la sua immediatezza e la sua potenza emotiva, è capace di parlare senza parole, di toccare corde profonde. Vorremmo che, al termine di una serata con Fattoria Vittadini, gli spettatori potessero sentire di aver vissuto un viaggio, di aver incontrato qualcosa di autentico e significativo, che possa in qualche modo lasciare un’impronta, anche solo temporanea, nella loro vita”
A proposito dello spettatore, com’è cambiato, se è cambiato, rispetto 15 anni fa?
Lo chiedo a Francesca Penzo
“Penso che rispetto a 15 anni fa il pubblico sia molto cambiato.
L’invasione dei dispositivi digitali che ci affiancano quotidianamente ha profondamente inciso sia sulla tipologia di pubblico in generale che su come viene percepita la fruizione stessa di un evento teatrale dal vivo. Tutto sembra alla ricerca di un ritmo che possa competere con gli standard di intrattenimento e velocità comunicativa che le nuove tecnologie ti possono garantire con uno sforzo minimo. Così il teatro come dispositivo culturale e anche il pubblico, sono completamente cambiati negli ultimi quindici anni.
La sfida è oggi portare a teatro i nativi e le native digitali, proponendo dei format che possano dialogare con queste generazioni e far conoscere il ritmo del teatro e il senso che ancora ha l’esperienza dal vivo che resta impagabile”
… mentre il pubblico di oggi?
“La sensazione mia personale – continua Francesca Penzo – è che il pubblico della danza in Italia sia formato da irriducibili del settore che amano da sempre questa forma di espressione artistica, da esperti ed esperte del settore. Se la danza, non televisiva, oggi sia in grado di arrivare a un pubblico davvero vasto è una domanda aperta”
Chi vorresti vedere domani sedut* in Prima Fila allo Spazio Fattoria?
“Tutti e tutte dovrebbero vedere danza, teatro, andare a teatro, sentirsi colpiti e colpite in qualche modo da un evento che lasci un’impronta anche leggera e temporanea, nella loro quotidianità. In un mondo ideale il teatro e la danza vengono insegnati in tutte le scuole, sono una pratica condivisa e istituzionalizzata e l’andare a teatro è la diretta conseguenza di questa visione generale. Per andare a teatro è necessario che prima di questa azione si siano costruiti i presupposti sociali e culturali perché ciò avvenga.
Facciamoli avvenire”
Concordo e mi unisco al tuo pensiero.
Alla cara amica Chiara Ameglio chiedo quali le difficoltà nel proporre danza contemporanea… visto che nei cartelloni teatrali spazio dedicato alla danza è molto limitato ovvero giusto una o due date! Secondo te perché?
“Capita sovente che il pubblico della danza contemporanea sia definito “di nicchia”, una piccolissima parte di una già piccola parte di persone che trova nel teatro un luogo dove riflettere, sul mondo e sul sé. Certo, discostandosi dal territorio del puro intrattenimento, guardarsi è una scelta consapevole che fa una certa paura, forse prevede una buona dose di coraggio, ma anche tempo e risorse. I teatri programmano poca danza perché “non porta i numeri”: ammesso che sia vero, la società del consumo e di logica capitalista non esonera l’arte dalle dinamiche del business, di costi e ricavi.
In questo senso le politiche culturali giocherebbero un ruolo centrale, ma ancora falliscono nell’intento.
Tuttavia l’arte non si è mai fermata, la danza esiste da sempre, è un comportamento umano che non si placherà. La danza contemporanea in Italia, lotta per ritagliarsi luoghi e opportunità, è costretta a reinventarsi attraverso strategie nuove (pensiamo a tutta l’attività produttiva che propone format fuori dai palchi, in luoghi atipici, urbani, site specific) e si fa carico di piccole rivoluzioni che tentano di destrutturare alcuni ideali legati ai corpi, alternative possibili ai canoni di bellezza, prestanza, potenza, tentando di celebrare la fragilità, l’alterità, l’unicità. Entrambi modi per demolire quella sensazione elitaria che la danza porta con sé da tanto, troppo tempo.
Una battaglia che la tiene in vita?
O che la affanna e depotenzia?
Domande che restano aperte. Certo è che non possiamo lasciare solo alle e agli artist* il compito di innescare un cambiamento possibile, come purtroppo spesso accade. Questo sì, ritengo sia molto dannoso”
C’è meritocrazia in Italia…
“è un concetto molto complesso – continua Chiara – e si collega a quello della sostenibilità e dell’efficacia, del gusto e della moda.
Il mercato dell’arte, non ha nulla a che vedere con l’arte in sé. Il mercato dell’arte, come detto sopra, non ha logiche così diverse da qualsiasi altro mercato. Questa è un’inevitabile frizione, talvolta tragica e dolorosa.
I soggetti chiamati a decretare o meno dove sia o non sia la qualità, che loro malgrado operano attivamente nella creazione di parametri immaginari di valore e merito (pensiamo alla critica e le/gli operator* culturali) possono o vogliono assolvere questo compito? e sono liber* di farlo in assoluta trasparenza, senza essere ostacolati da obblighi e valutazioni di altra natura? chi decide? e chi decide, chi decide? giochi parole, potremmo andare avanti all’infinito.
Come si può oggettivare l’arte?
Allora ecco che entra in campo un altro concetto complesso:
il potere!
Gioca un ruolo fondamentale nelle pratiche umane, nella società tutta, e l’arte è fatta dalle persone, i progetti artistici nascono attraverso le relazioni, vicinanze e alleanze, ma come non tenere conto del potere conferito alla coincidenza e al caso?
Anche qui solo domande senza risposta. Certo è che in tutta la storia, opere bellissime sono destinate a sparire e essere dimenticate, per poi tornate in auge; altre in vetta ma consumate via dal ritmo sostenuto della produzione, che le sostituisce una dopo l’altra”
Mattia, avete un sogno nel cassetto da realizzare entro i prossimi 15 anni?
“Un sogno nel cassetto?
Vedere Fattoria Vittadini diventare un punto di riferimento per un tipo di performance che sfugge alle etichette tradizionali di “danza” o “teatro”.
Immaginiamo una forma unica di espressione, un modo di essere in scena e vivere lo spettacolo che sappia fondere linguaggi diversi e attraversare spazi convenzionali e non, dai teatri a luoghi inaspettati, ampliando i confini del performativo.
Sogniamo che Spazio Fattoria possa diventare una vera casa per giovani artisti e collettivi emergenti, un luogo dove trovino supporto, spazio, e dove Fattoria Vittadini possa fare da guida, offrendo tutoraggio e condividendo competenze per accompagnarli nella loro crescita professionale e artistica.
Vorremmo anche che Fattoria Vittadini si radicasse sempre di più nel territorio, costruendo una relazione solida con le istituzioni, in una sinergia capace di valorizzare la cultura e di dare nuove opportunità alle generazioni future”
Per concludere questa lunga chiacchierata: vi siete mai detti: “basta molliamo tutto” e invece avete continuato!
Ogni giorno! – risponde Mattia Agatiello – Essere artisti e, ancor di più, essere un collettivo, è una scelta che rinnoviamo costantemente. Le difficoltà non mancano e lavorare insieme, collaborare, non sono condizioni che si danno per scontate: richiedono un impegno continuo e un lavoro profondo da parte di tutti. Non è solo la passione o l’entusiasmo giovanile a tenerci uniti, ma la consapevolezza che il nostro lavoro ha un significato. È un valore che ciascuno di noi sente in modo personale, ma che acquista un’importanza diversa e altrettanto preziosa nella scelta di farlo insieme, in modo democratico e orizzontale”
Impariamo a sostenere, con la nostra presenza, spazi culturali come Spazio Fattoria dove le idee e le esperienze di una compagnia come Fattoria Vittadini sono un punto di confronto ma anche un centro di aggregazione e integrazione.