Elena Russo Arman: Fragile e Inafferrabile come la Felicità
1 Ottobre 2016
Elena Russo Arman, attrice, si è formata alla Scuola del Teatro Stabile di Torino, diretta da Luca Ronconi.
Importante il suo incontro a Milano con la compagnia del Teatro dell’Elfo, dove nel ’94 Elio De Capitani la sceglie per il ruolo della ragazzina nello spettacolo Roberto Zucco di Koltès. Da allora il rapporto con la compagnia milanese si intensifica fino a quando nel 2003 entra a farne parte come socia. Le interpretazioni di Elena spaziano dagli autori classici a quelli contemporanei. Da diversi anni collabora con la chitarrista Alessandra Novaga con la quale ha realizzato diversi spettacoli fondati sul rapporto parola-musica firmandone la regia. Abbiamo incontrato Elena alla vigilia del debutto milanese dello spettacolo Harper Regan. Ma facciamo un passo indietro. Novembre 2015 Elena Russo Arman “apre” la stagione teatrale all’Elfo/Puccini riproponendo uno spettacolo godibilissimo a tutti, adulti e bambini: Shakespeare a merenda. Ti è mai capitato di trovarti in camerino e dar sfogo alla tua passione per un ruolo che avresti voluto, ma in scena interpretato da un’altra attrice, perché no, un altro attore? Non mi è mai capitato per fortuna! La povera Mary, protagonista di Shakespeare a merenda, non può recitare perché in epoca elisabettiana alle donne era proibito esibirsi sul palco, ed è questo il motivo per cui è costretta a restare in camerino, a occuparsi dei costumi invece che recitare. Oggi questa discriminazione non esiste più, ringraziando il cielo, ma è bene ricordare che ci sono stati tempi peggiori. Il camerino è un luogo particolare, per me pieno di fascino. Per alcuni attori è solo un posto dove riporre i propri abiti, un luogo di passaggio senza troppa importanza. Per altri -io appartengo a questa categoria- è un vero rifugio confortevole, una piccola ‘casa’ da sistemare e addirittura ‘arredare’ con foto e tutti quei piccoli oggetti scaramantici che si accumulano durante le repliche, sopratutto in tournée. Nonostante ciò, quando sono impegnata in uno spettacolo, resto in camerino per il tempo necessario a cambiare costume e, nei momenti in cui non sono in scena, preferisco restare in quinta a seguire i miei colleghi attori al lavoro. Lo spettacolo non è mai lo stesso, anche dopo molte repliche ci sono sempre piccole variazioni forse impercettibili per gli spettatori, o imprevisti che rendono questo mestiere infinitamente eccitante. Per interpretare Mary, la sarta di Shakespeare a merenda, a chi ti sei ispirata? Volevo raccontare il Teatro Elisabettiano ed essendo una donna non avevo molta scelta non potendo interpretare un’attrice. Volevo che la protagonista avesse un punto di osservazione molto ravvicinato al lavoro sul palco, che non è poi così cambiato nei secoli, e il ruolo della sarta in teatro è sempre stato fondamentale per il buon funzionamento di uno spettacolo. Credo di essermi ispirata a tutte le sarte che ho incontrato durante la mia carriera, al loro lavoro certosino, sempre dietro le quinte, indispensabile agli attori per riuscire ad eseguire per esempio certi cambi di costume alla velocità della luce. Avevo anche in mente un romanzo di Alicia Giménez-Bartlett che avevo letto qualche anno prima e che mi aveva molto colpito per la sua forma: la protagonista trova il diario della domestica di Virginia Woolf, Nelly. Il titolo è Una stanza tutta per gli altri e Nelly sembra essere un personaggio secondario, che vive all’ombra della sua padrona; in realtà è proprio il suo punto di vista così ravvicinato a farla diventare protagonista assoluta, tanto che le vicende storiche che ruotano intorno alla scrittrice inglese e al gruppo di Bloomsbury diventano man mano lo sfondo dei turbamenti e delle ossessioni della domestica. Fino a fine anno eri in scena con Mr Pùntila e il suo servo Matti di Brecht tra l’altro il primo Brecht targato Elfo, se escludiamo L’anima buona di Sezuan per lo Stabile di Genova, con una fantastica Mariangela Melato. Piccola digressione… A gennaio sono passati 3 anni dalla scomparsa di Mariangela Melato. Hai debuttato nel 1999 nello spettacolo L’affare Makropulos di Capek per la regia di un altro che non c’è più, Luca Ronconi, accanto all’indimenticabile Melato. Che ricordi hai di quella esperienza e di due grandi del nostro teatro che non ci sono più? Ho dei ricordi estremamente eccitanti di quell’esperienza, che è stato il mio primo lavoro appena uscita dalla Scuola dello Stabile di Torino. Avevo un ruolo piccolissimo, una cameriera per l’appunto, Luigina, e due sole scene nel secondo tempo di uno spettacolo che durava quasi quattro ore, dunque entravo in scena dopo le 22,30 per pochissimi minuti e allora sì che avevo molto tempo per osservare il lavoro degli altri attori dalle quinte. È stata una scuola incredibile! Nella prima scena dovevo pettinare Mariangela e tirarle i capelli. Naturalmente ero terrorizzata di farle male per davvero, ma si è sempre dimostrata disponibile e gentile con me e con tutte le persone che lavoravano nello spettacolo, dagli attori ai tecnici, al pubblico. Credo che questa sua gentilezza unita a consapevolezza del proprio talento e ad una profonda cura per il proprio mestiere, sia stato l’insegnamento più prezioso che mi ha trasmesso durante quell’esperienza. Non ho più avuto occasione di lavorare con lei ma abbiamo continuato ad incontrarci in camerino dopo i suoi spettacoli e dopo i miei e ha sempre avuto parole gentili e incoraggianti per me e sono sicura che fosse sincera, sapeva quanto io la stimassi e mi piace pensare che fosse lo stesso per lei. Tra l’altro in quel anno hai vinto, per la tua interpretazione, il Premio Eleonora Duse come attrice emergente. E fu proprio Mariangela Melato a premiarmi ed è grazie a Luca Ronconi se ho iniziato il mio percorso di attrice proprio al suo fianco. Ho avuto la fortuna di lavorare con Ronconi durante gli anni della scuola per la preparazione dei saggi, che erano spettacoli grandiosi, e il suo approccio colto e accurato al testo è stato davvero formativo. Tornando a Mr Pùntila e il suo servo Matti. Elena Russo Arman chi avrebbe scelto tra il Servo Matti (interpretato dal bravo Luciano Scarpa) e Umberto Petranca nelle vesti del comicissimo attaché? Elena Russo Arman avrebbe sicuramente preso il primo treno per Bruxelles per raggiungere la sua ex compagna di Collegio e fuggire per sempre con lei da Puntiland e da tutti i ‘mostri’ che la abitano. Eva invece non ce la fa ad emanciparsi dalle convenzioni sociali, formali e soprattutto a rinunciare all’agio economico a cui il padre l’ha abituata e temo che, nonostante sia indubbiamente attratta dalla personalità libera e dall’avvenenza del bell’autista Matti, non le resti che sposare il noioso e ridicolo attaché, consolandosi di tanto in tanto con qualche scappatella. Dei “padroni” bisogna sempre fidarsi? I “padroni” veri siamo noi stessi come dice Matti ed è solo con noi stessi che dobbiamo fare i conti. Io ho la fortuna di non lavorare con dei ‘padroni’ ma con persone che hanno più responsabilità ed esperienza di me, che mi rispettano e dalle quali posso imparare e condividere le mie esperienze, è sempre stato così. Non posso che fare una riflessione molto personale su questo argomento poiché la situazione politica attuale mi destabilizza e non mi dà alcuna speranza nel futuro. Com’è nata Eva il tuo personaggio… molto Marilyn Monroe? È stato molto divertente per me costruire e poi interpretare il personaggio di Eva, a partire dai meravigliosi costumi di Gianluca Falaschi, vere toilette hollywoodiane: parrucca di platino, abiti fascianti, vestaglie fruscianti e una silhouette che non avrei mai immaginato per me! Quando ho visto i costumi per la prima volta appesi in camerino, ho pensato che non mi sarei mai sentita a mio agio in quei panni da Femme Fatale. Invece è stato divertentissimo giocare proprio sulla comicità di Eva. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia avevano immaginato la figlia del ricco Puntila come una ricca ragazza di provincia che imita le Dive hollywoodiane viste al cinema, per essere alla moda e darsi un tono da gran signora. Credo che più che Marilyn, il suo modello sia Jean Harlow, una donna meno svampita e innocente ma più scaltra, meno romantica e un po’ più smaliziata. Gioca a fare la preziosa con Matti più per far valere il proprio ruolo di ‘padrona’ che per pudicizia. Il duo Bruni/Frongia quanta libertà ti lasciano nello sperimentare con i personaggi che ti affidano? Ferdinando e Francesco hanno le idee molto chiare quando si iniziano le prove dello spettacolo. È stato così per Alice Underground e per Mr Pùntila e il suo servo Matti. Dunque già dai primi giorni a tavolino forniscono una descrizione del personaggio che è simile ad uno schizzo, dove i tratti sono pochi, accennati ma hanno già delle direzioni chiare e lasciano intravedere il disegno finale e ciò che vorrebbero diventasse. Nel caso di Alice il disegno del personaggio era reale e non solo metaforico. Ferdinando aveva realizzato tutti i disegni per le animazioni e i figurini per i costumi dei personaggi interpretati da noi attori e Alice era una bambina con una massa di capelli neri, piedi ben piantati a terra ed una espressione stupefatta nei grandi occhi neri spalancati.Alice Underground – Foto: Luca Piva
Da quel bozzetto ho capito subito cosa avrei dovuto cercare in me per arrivare a realizzare quella figura e in questo percorso di costruzione ho sempre avuto molta libertà da parte dei registi. È stato molto divertente lavorare con loro su Alice come su Eva. Dal 9 Febbraio al 6 Marzo 2016 Teatro Elfo/Puccini _ SALA FASSBINDER / Corso Buenos Aires 33 – Milano Attesissimo debutto, prima nazionale, dello spettacolo: Harper Regan del drammaturgo inglese Simon Stephens, questa volta regia Elio De Capitani. Una storia coinvolgente e spiazzante che procede a ritmi serrati (undici quadri), portando in scena una splendida figura femminile, la quarantunenne Harper Regan (interpretata da Elena Russo Arman), e nove personaggi, tutti magistralmente definiti nella brevità e nella concentrazione dei dialoghi. Harper abbandona improvvisamente il lavoro, il marito e la figlia adolescente per andare a trovare un’ultima volta il padre morente. Un viaggio andata/ritorno di soli due giorni. Chi è Harper? È una donna come tante che si trova in un momento molto particolare della propria vita. In questo testo Stephens ci racconta 48 ore decisamente intense di della vita di Harper. Harper si trova ad affrontare: la morte del padre, il conflitto con la figlia adolescente, il rapporto turbolento e irrisolto con la madre, le proprie fragilità e quelle del marito e la consapevolezza improvvisa di non essere più giovane. In un breve arco di tempo questo autore ci fa entrare così intimamente nella mente e nel cuore di questa donna e delle persone che incontra, che il pubblico non può che commuoversi o gioire o disperarsi con lei. Elio ha fatto un bellissimo lavoro di regia a partire dalla scelta del cast, un gruppo di attori formidabili. In scena con Elena, Cristina Crippa, Camilla Semino Favro, Marco Bonadei, Cristian Giammarini, Francesco Acquaroli, Martin Chishimba. Hai mai pensato: “mollo tutto”? Certo, qualche volta. Ci sono momenti particolarmente duri che però fino ad ora sono riuscita a superare. Ho la fortuna di rimuovere i ricordi negativi quindi adesso non saprei dirti con precisione cosa mi abbia spinto a ‘pensare’ di mollare tutto… non me lo ricordo più. Hai mai preso coscienza di un nodo della tua vita, che poi sei riuscita a risolvere? Magari la tua risposta potrebbe essere d’aiuto a qualche lettore. Non ho avuto traumi particolari, ma le normali difficoltà che si trova ad affrontare una persona con un carattere piuttosto introverso. Sono difficoltà e insicurezze di cui non mi sono ancora liberata ma ho imparato a conviverci e ad accettarle. Forse la scelta di fare teatro e di espormi così tanto nasce proprio da quella timidezza, avevo bisogno di una spinta per aprirmi, per entrare in comunicazione con gli altri, mi serviva una tecnica per far uscire una voce che ai tempi della scuola di recitazione si udiva a malapena. Per quanto riguarda il mio lato oscuro ho tutte le intenzioni di non svelarlo e coltivarlo perché è una fonte inesauribile di ispirazione per il mio lavoro. Stessa domanda di prima: quanta libertà ti lascia nell’improvvisare Elio De Capitani? Elio è un regista molto emotivo e viscerale ed è un vero godimento lavorare con lui soprattutto quando durante le prove c’è del tempo per l’improvvisazione. Ricordo il lavoro fatto con lui su Blasted di Sarah Kane, un’esperienza che non dimenticherò mai per il livello di intensità che siamo riusciti a raggiungere noi attori (io, Paolo Pierobon e Andrea Capaldi) sia durante le prove che nel corso delle repliche. Avevamo grande spazio per l’improvvisazione e una fiducia totale tra noi e questo è stato possibile solo grazie alla direzione di Elio che ha curato le relazioni tra i personaggi dandoci grande libertà d’azione. Se ti chiedessi pregi e difetti tra la coppia Bruni/Frongia e De Capitani mi risponderesti? Ti rispondo dicendo che sono tutti e tre molto diversi tra loro, ma anche estremamente compatibili quando lavorano insieme, questo è un grande pregio. In una compagnia teatrale, come la nostra, è importante che ci siano registi diversi ad alternarsi, questo permette anche di continuare a crescere come attori e mantiene una freschezza proprio per la differenza tra diverse visioni. Novembre 2006 Debutta all’Elfo lo spettacolo Il giardino dei ciliegi di Anton Čechov. Maggio 2016 – dal 3 al 22 Teatro Elfo/Puccini _ SALA FASSBINDER / Corso Buenos Aires 33 – Milano Ritorna in scena il sempre verde “giardino” con novità all’intero del cast. Come affronti oggi Varja? E quali le novità rispetto ad allora? Sarà molto piacevole tornare a vestire i panni di Varja. Il fatto che ci saranno attori nuovi mi darà la possibilità di scoprire ancora qualcosa di questo fragile personaggio e so che Ferdinando Bruni, che ne firma la regia, ha chiamato attori perfetti per i ruoli che dovranno sostituire e necessariamente cambierà lo spettacolo e le energie che circoleranno. In più sono passati 10 anni da quel debutto, anche io sono più vecchia di 10 anni, questo avrà sicuramente un peso sulla resa di Varja che forse sarà più disincantata e arresa al suo destino infelice. Vedremo… L’ultima volta che abbiamo fatto una chiacchierata ti ho lasciato con una domanda: “Cosa vorresti che si portasse a casa uno spettatore…” Tu hai risposto: “La voglia di tornare a vedere La palestra della felicità”. Aprile 2016 – dal 12 al 17 Teatro Filodrammatici / via Filodrammatici, 1 – Milano Elena Russo Arman va in trasferta al Teatro Filodrammatici riproponendo lo spettacolo: La palestra della felicità Non c’era più posto in casa? Credo che il Teatro Filodrammatici sia il luogo ideale per questo spettacolo perché la programmazione è attentissima alla drammaturgia contemporanea e credo che il loro pubblico abbia sensibilità e predisposizione ad accogliere il testo di Valentina Diana. Marina Gualandi, direttrice artistica dei Filodrammatici, ha visto lo spettacolo all’Elfo/Puccini, le è piaciuto e ci ha subito proposto di accoglierlo nel loro spazio. Sono stata molto felice di questa opportunità perché credo nelle collaborazioni tra spazi della stessa città. Milano è grande e ha molti teatri e ogni spazio ha un pubblico diverso, spesso molto legato anche affettivamente alla compagnia, ai registi che vi lavorano. Diversi anni fa avevamo portato ai Filodrammatici uno spettacolo di Amelie Nothombe dal titolo Libri da ardere diretto da Cristina Crippa, e anche se lo spettacolo aveva già debuttato all’Elfo con successo, portarlo ai Filodrammatici era stato come andare in tournée in un’altra città, con un seguito di pubblico incredibile. Oggi c’è bisogno di un allenamento forzato per raggiungere una cosa così fragile e inafferrabile come la felicità? Credo che ogni individuo abbia la possibilità di scorgere la Felicità ma molti non la riconoscono, pensano non sia alla portata di tutti o che si tratti di qualcosa che si ottiene in cambio di grandi sacrifici. Ma la difficoltà sta proprio nel riconoscerla nelle piccole cose: in un fiore, in una giornata di sole con la persona amata, nei tratti di un volto e perché no, in un Martini cocktail secco e ghiacciato. Sono cose apparentemente di poco valore e passano spesso inosservate o scontate. È il mio sguardo che scorge la Felicità nelle cose ma appena cerco di definirla mi pare subito che perda di intensità; è fatta davvero di una materia così fragile e inafferrabile e indefinibile che ho paura di frantumarla con le parole. Elena Russo Arman è felice? Si. E noi di StarsSystem non vogliamo aggiungere altro se non di andare ad applaudire una sensibile attrice di nome Elena Russo Arman.]]>