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Massimo Lopez in Varie-età

Massimo Lopez in Varie-età

Alessandro Nava
massimo lopez

Assistere a VARIE-ETA’, è FARE UN VIAGGIO. Un viaggio da sogno, dove i limiti del tempo e dello spazio non esistono, perché “quando si sogna, non c’è logica”, afferma Massimo Lopez, uno dei più capaci e poliedrici artisti dello spettacolo italiani, che con grande naturalezza ci accompagna per mano in un viaggio entusiasmante attraverso i “bei momenti” del varietà. Un viaggio dicevo, che inesorabilmente ci porta anche ad affrontare un sano percorso a ritroso nella vita di ciascuno di noi. “Ciò che rappresenta i bei momenti – afferma Massimo – cambia per ciascuno di noi, poiché i ricordi di un 30enne di oggi, ovviamente non coincidono coi ricordi di un 70enne”. Ed è per venire incontro ad un pubblico di ogni età che Lopez ha scelto di dare voce a personaggi come il Premier Prof. Monti, il mai dimenticato Papa Wojtila, Mary Poppins e tanti altri, ma anche di emozionarci con canzoni indimenticabili e farci riflettere con una satira garbata e intelligente. Personaggi, canzoni e momenti che racchiudono e raccontano le diverse età del varietà, interpretate magistralmente.

massimo lopez presenta il programma varie-età

Dopo il grande successo di “Ciao Frankie”, in che modo è nato Varie-età?

Questo spettacolo è stato, come tante volte accade, una specie di parto. Dopo 6 anni di “Ciao Frankie”, (show tributo al grande Frank Sinatra, vera e propria fonte d’ispirazione per Lopez, che ritroviamo anche in Varie-età), che abbiamo portato anche negli Stati Uniti e rappresentato con grande successo in Italia, sentivo forte il bisogno di continuare a nutrirmi della passione e della magia che ti da il pubblico del teatro. Sai, generalmente quando fai uno show, dovresti attendere un po’ di tempo per attingere nuove energie e sentire nuove ispirazioni. Inizialmente ho pensato che sarei potuto tornare in teatro con una commedia o un musical, ma ho voluto continuare sulla scia del contatto col pubblico, poiché ho bisogno di vederlo e sentirlo; lo spettacolo cresce e si nutre col e del pubblico. Ho cominciato a scrivere questo show, con l’idea chiara di voler mantenere lo stesso gruppo, essere io sul palco, avere i miei musicisti, ho pensato di allestire qualcosa che potesse andare oltre Sinatra e i contenuti comici presenti all’interno, di fare un vero e proprio viaggio all’interno sì del varietà, ma che fosse uno spunto per trattare epoche e momenti a noi tutti molto cari. Ricordi e momenti del mio vissuto, ma non solo, che però non hanno il sapore di nostalgia, ma danno, al contrario, la possibilità di andare di colpo da un anno all’altro, così per gioco, ma anche di apprezzare pezzi evergreen importanti di autori stranieri come Eric Clapton, Nat King Cole, ma anche musicisti italiani che hanno rappresentato al meglio un genere difficile come il jazz, come Elio Luttazzi, Nicola Rigliano, fino ad arrivare a Vasco Rossi, Patty Pravo.

Massimo Lopez intervistato da Alessandro Nava

Avere quasi 40 anni di carriera nel mondo dello spettacolo ed aver attraversato decenni molto diversi tra loro, ritieni sia stato fondamentale per la realizzazione di questo spettacolo, o avresti potuto farlo anche in un altro momento della tua vita?

Se ci sono arrivato adesso evidentemente quello è il motivo. Penso che sia il momento più giusto. Non vi è stata alcuna forzatura, l’ho sentito un percorso naturale. Per la costruzione di uno spettacolo come questo l’esperienza di questi anni è stata fondamentale, così come fondamentale è tutto il mio gruppo di lavoro.

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Cosa credi sia cambiato nello Star System, e cosa credi sia cambiato in te, dai tempi del tuo esordio a teatro con Giorgio Albertazzi, passando per il primo grande successo con il Trio ad oggi che sei riconosciuto come uno dei migliori one man show italiani?

Ai miei esordi il mondo dello spettacolo lo vedevo con occhi meravigliati, occhi da bambino. Già all’età di 5 anni sognavo di fare spettacolo e di cantare, però pensavo che sarebbero rimasti dei sogni, poi quando sono arrivato a realizzarli, ho continuato ad avere sempre 4 anni (ride), nel senso che quell’incanto non ho mai voluto mi abbandonasse. Intorno agli 11 anni, ricordo di aver scritto una lettera a me adulto, dicendo “caro Massimo, ricordati che la stai pensando in questo modo, non tradirmi quando sarai grande, ti lascio i puntini di sospensione, qua dovrai mettere la risposta per vedere se rispetterai quello che ti sto chiedendo. A dire il vero non ho mai scritto quella risposta, ma credo di averla onorata. Ad ogni modo è servito per mantenere un contatto continuo con la mia parte di sognatore.

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Possiamo quindi dire che è fondamentale interagire col proprio io, ma anche mantenere quell’incanto che ci regala la giovinezza, perché crescendo spesso cambiano le cose o per meglio dire, cambiano gli occhi con i quali le affrontiamo.

Esatto, cambiano gli occhi ed io non voglio fare cambiare gli occhi. Se hai una dose di sensibilità tale che ti ha permesso di esprimerti su un palcoscenico e poter dare calore alla gente e cambi qualcosa, forse viene a mancare tutta la magia. I problemi che accadono tutti i giorni influiscono molto sull’umore e possono anche creare problemi e spezzare i talenti migliori.

Come è capitato a tanti personaggi di talento…

Già, eppure capisco che non tutti lo comprendono.

E’ quindi importante per un artista, preservare, nonostante i problemi di tutti i giorni, quella scintilla che permette di esprimersi al meglio su un palco?

Assolutamente si. Come dicevamo prima, la vita ti mette duramente alla prova, senza risparmiare nessuno, ma un artista deve mantenere intatto il sacro fuoco dell’arte. Mai permettere che gli occhi osservino in altro modo, non tutti comprendono la complessità di questo mestiere e di questo modo di essere in generale.

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Hai mai pensato di non potercela fare a salire su un palco?

Un paio di anni fa è venuta a mancare mia madre, proprio durante la tournèe. Mio fratello l’ha saputo poco prima dell’inizio dello spettacolo, ma ha scelto di darmi la notizia solo alla fine. L’indomani ci è stato il funerale, ma la sera stessa io sono tornato sul palco a Torino per fare lo spettacolo. Non saprei descrivere cosa sia accaduto, certamente qualcosa di straordinario! Ho provato un insieme di fortissime emozioni, perché sapevo che mia madre avrebbe detto: “vai Massimo, vai! Devi farlo!”, lo sentivo fortemente e quella sera lo spettacolo andò come mai.

Tornando allo Star System invece, cosa credi sia cambiato oggi?

Diciamo che io mi sento e non mi sento nello star system (sorride). Certo ne faccio parte e mi rendo conto che ci sono stati dei cambiamenti, ci sono dei cambiamenti. La tv, soprattutto, è cambiata completamente e credo sia vittima del luogo comune secondo il quale se oggi c’è questo è perché la gente lo vuole.

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E tu non credi sia così?

No, non credo sia così, non per tutti almeno. Certo comprendo che la tipologia di persone che seguono la tv adesso forse non apprezzerebbe per esempio un ritorno al senso dello spettacolo, alla voglia di far spettacolo, agli attori, alle esibizioni ma credo che questo accada perché la gente si è abituata a vedere se stessa in televisione, non più la star, il personaggio, il cantante. Ci è stato un periodo, qualche anno fa, nel quale mi sentivo un pesce fuor d’acqua, quasi fuori luogo.

Ma il mondo dello spettacolo ha ancora un ruolo terapeutico per il pubblico? È ancora evasione e sogno?

Dovrebbe essere così! E invece spesso si viene fermati per chiedere raccomandazioni e aiuti per poter andare in tv a raccontare qualunque cosa. Si è perso l’essenza dello spettacolo.

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Quali sono stati i tuoi punti di riferimento durante il tuo percorso artistico di questi anni?

Sono stati tanti, agli esordi non sapevo che strada avrei percorso e mi sono lasciato guidare. Ho iniziato recitando Shakespere, Pirandello e Goldoni con Albertazzi e per quanto riguarda la comicità soprattutto il grande Alberto Lionello, con il quale ho avuto l’onore e il piacere lavorare e che mi ha insegnato i tempi comici. Grazie a lui ho capito quanto scientifico e matematico fosse il tempo comico, la comicità, anche se ripeteva sempre che il talento devi averlo.

Esiste un talento assoluto che basti a se stesso o la determinazione e lo studio possono sopperire la mancanza di esso?

Il talento deve esser lì, sotto il cratere del vulcano. Ma lo studio può aiutarti. Il talento è quel valore aggiunto che ti permette di arrivare al cuore della gente. Lo studio ti aiuta a durare nel tempo. Se studi tanto puoi diventare uno bravo, ma solo il talento e l’esperienza, il continuo scambio con i professionisti, l’interazione con gli altri può e deve portare all’eccellenza.

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Ma sei anche dell’idea che sia importante trovarsi al posto giusto, nel momento giusto?

Anche, capita anche questo. Perchè una buona dose di fortuna, le coincidenze, sono importanti.

Mi racconti un aneddoto, un momento particolare che hai vissuto, qualcosa su cui hai riflettuto e che ti ha portato a pensare che altrimenti non saresti chi sei oggi?

Intanto posso cominciare col raccontarti del primo provino fatto in vita mia, che è stato anche fondamentale per farmi comprendere quale sarebbe dovuta essere la mia strada. Poco prima avevo fatto un concorso in banca che non andò bene e allora mi decisi a dare una possibilità alla mia grande passione per la recitazione. Prima d’allora non avevo mai fatto spettacolo, scuole, avevo solo la passione dalla mia, però mi ci buttai, preparai un monologo drammatico. Ero al teatro stabile di Genova assieme ad altri 500 ragazzi, tanti dei quali provenienti da scuole prestigiose, sembrava interminabile, non ero sicuro di riuscire a farlo, tanti ragazzi non aspettarono neanche il proprio turno, io invece si. Essere rimasto è stato cruciale. Nonostante non fossi esattamente ciò che cercavano per quella parte, me lo fecero fare. Ricordo bene di essermi dato con tutto me stesso durante quella esibizione, di aver dato il massimo e quando si complimentarono chiedendo che formazione avessi, cominciai a rispondere a monosillabi. Non so che sensazione abbiano avuto, ma mi chiesero di presentarmi nel pomeriggio con delle foto…e ho cominciato a lavorare. E’ stato tutto molto casuale. Un’altra cosa bella che mi è capitata e che ricordo ancora con piacere è accaduto un pomeriggio di qualche anno fa, mentre ero tranquillo a casa. Squilla il telefono e dall’altra parte c’era Mina, lei in persona! Io ovviamente ho creduto ad uno scherzo, lei invece si fa seria e mi dice :”siccome mi piace molto la tua voce, lo faresti un pezzo con me”? A momenti svengo ma ovviamente accetto con entusiasmo ed è cosi che mi sono ritrovato a lugano a registrare nel suo studio, un brano contenuto nell’album “Canarino Mannaro”.

Hai fatto di tutto nella tua carriera, la tv, il teatro, la radio, in quale forma di comunicazione credi di esprimerti al meglio?

Sicuramente il palco, per una ragione fisica. È un rapporto d’amore vero, credimi. Pur non rinnegando nulla di quanto fatto in passato in televisione e in radio, perché li ho scelti e sono felicissimo di essermi potuto esprimere in tante forme. Ma oggi in televisione hai sempre qualcuno che ti mette fretta, può essere molto limitante, hai sempre un’espressività con le tasse. Chi è oggi, Massimo Lopez? Sono un uomo che non ama le definizioni, non saprei descrivermi. Credo di essere il frutto di quella che è stata la mia vita finora. Per via del mestiere di mio padre ho vissuto ovunque, viaggiato moltissimo. Per me cambiare amici, città, scuola era la norma. È qualcosa che mi è rimasto dentro. Sono un attore perché ho bisogno di esprimere la “varietà” del mio essere in tanti modi. Non solo attraverso vari personaggi, ma attraverso varie forme di espressione.

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Intervista: Alessandro Nava

Foto: Nicola Casini

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