Sabrina Querci e le Q.Connections
Sabrina Querci. Mi ha accolto elegantissima nel suo salotto milanese, che, passatemi il termine, sembra quasi da “sfogliare”, come un diario di viaggio: lampade marocchine, abat-jours con paralumi dalla stampa animalier, gigantesche piante rigogliose, una maschera di samurai appoggiata sopra la cornice alta del camino. A novembre parteciperà ad una nuova performance al Maxxi, il museo romano, stavolta per l’artista Thomas De Falco, dopo l’esperienza con Vanessa Beecroft, che l’ha sempre vista protagonista. Sabrina è una donna in continua evoluzione, che muove i primi passi a Firenze e lascia il segno nella rocambolesca vita notturna degli anni Ottanta, proprio quando il capoluogo toscano stava vivendo un secondo Rinascimento ed era la città più viva di tutto il Bel Paese. La bella presenza e i look memorabili sono il biglietto da visita di Miss Querci: inizia a viaggiare tra Londra e Parigi, lavorando come indossatrice e posando come fotomodella per importanti magazines. Trascorre così la gioventù nelle capitali della moda mondiale, conoscendo artisti, designers e socialiste. Rientrata in Italia dopo un decennio, rende la sua passione per il travestimento e per gli abiti del passato una fonte di guadagno: diventa fashion curator di appositi spazi dedicati al vintage in stores del calibro di Harvey Nichols e Selfridges. Sabrina assorbe suggestioni, mutamenti di ben tre decenni, sposta la sua ricerca nel mondo dell’arte, diventa art curator per gallerie d’arte contemporanea e non solo: organizza mostre di fotografia e di design d’interni. Durante la sua florida carriera (che non conosce sosta) è apparsa in diversi cortometraggi e recentemente anche nel kolossal “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone. Grazie a questo importante heritage e, come lei stessa dichiara, “da una certa propensione culturale mista a una precisa sensibilità”, sono nate le Q.Connections. Q come Querci, un marchio di fabbrica e sinonimo di tutto ciò che è stato qua descritto: ovvero affidarsi a una musa per realizzare un progetto artistico. L’agenzia di Sabrina è in grado di tessere rapporti: in men che non si dica, affidandosi a questa sacerdotessa dello stile, un progetto nasce grazie al suo inaccessibile inner circle di contatti a livello mondiale. Noi di Stars System abbiamo rivolto alcune domande per conoscere meglio Miss Q. Hai vissuto gli anni in cui Firenze era in pieno fermento. C’erano riviste antesignane dei cosiddetti “magazine di ricerca” come WeStuff, per cui hai posato, club leggendari come il Manila e il Tabasco. Parlami della tua pittoresca adolescenza toscana. Tutto è cominciato quando con un gruppo strettissimo di amici, tra cui mio fratello Marco e Stefano Landi, Alessandro Gaggio ed altri, diventammo una banda con un vero e proprio linguaggio in codice da adepti. Avevamo voglia di fare moda! Eravamo ipercritici sui trend del momento, subivamo la fascinazione delle scena londinese: nacque così la linea di abbigliamento che chiamammo “Che fine ha fatto Baby Jane?”, in omaggio alle nostre amate dive in bianco e nero. Ci fu subito un gran parlare di noi. Fu così che partecipammo a U-Mode a Vienna, al Pitti trend e al Roger per Milano Collezioni, per citarne alcuni. La nostra creatività si sentiva imprigionata nella moda: fu così che entrammo per primi nel giro delle serate in discoteca al Manila. Il 1986 fu l’anno delle serate Boper (il nome deriva da una storpiatura di Popper, la droga molto in voga all’epoca nella comunità omosessuale) da noi organizzate, e la gente più cool veniva tutta da noi! La nostra forza era sedurre il pubblico ignorandone l’esistenza. Il bello era l’allestimento della serata: curavamo tutto noi, dalla musica ai costumi fino alla locandina. A 14/15 anni posavo per WeStuff, la rivista underground le cui menti erano Maria Luisa Frisa, Stefano Tonchi e Bruno Casini. Questa è stata in sintesi la mia adolescenza. Il primo contratto lavorativo come modella arriva a 14 anni. Come sei stata scoperta? Sono stata scoperta dall’agenzia Casting a Firenze. Nel mio primo composit lo styling era di Erika Costa. Il contratto vero e proprio l’ho fatto quando Jean Paul Gaultier, che allora veniva a sfilare a Pitti Uomo a Firenze, mi conobbe e mi propose di andare a Parigi. Così mi ha presentata all’agenzia Marylin Gauthier: così è iniziata la ma carriera internazionale. Londra, New York, Milano: la tua vita è segnata dalle capitali della moda. Due sostantivi/aggettivi per ognuna di queste città? Londra: energia e cosmopolita. New York: famiglia e libertà. Milano: crescita e progetti. La passione per gli abiti vintage ti ha portata a lavorare per importanti department stores. Ad una ragazza che sogna di diventare fashion curator, tu, da veterana, cosa consiglieresti? Un solo e semplice consiglio: studiare la storia del costume. Come ci si sente ad essere una musa? Felice di prestarmi all’interpretazione degli altri. Soprattutto ai giovani. Non ho paura di come vengo trasformata, anche se non è esattamente il modo in cui io mi vedo. Mi piace lasciare spazio alla libera interpretazione. Mi chiamano ancora oggi new talents e ragazzi ancora studenti… ciò mi lusinga. Hai conosciuto Keith Haring, il quale ti aveva lasciato uno sketch come regalo. Mi racconteresti di questo episodio? Eravamo verso la fine degli anni Ottanta. Mi trovavo con lui e alcuni celebri modelli di Gaultier a Parigi. Eravamo a cena una sera in un bistrot dopo un viaggio in macchina in cui avevo messo la musicassetta di Anna Oxa, cantandola durante tutto il viaggio. C’erano le tovagliette di carta gialla nel Bistrot e lui buttò giù un disegno con tanto di dedica su questa tovaglietta. Solo che ora non lo trovo più! La tua agenzia si chiama Q.Connections: tu crei sinergie e situazioni. La “connection” che ricordi con maggiore affetto? Sono affezionata a tutte. Sono nata per questo: da Nigel Coates, interior designer che ho seguito nel progetto Entratalibera, a Liborio Capizzi per AltaRoma all’Eur. Come potrei dimenticare Buio Reale, il mio progetto editoriale realizzato con il fotografo e amico Riccardo Bagnoli, dove sono stati fotografati come se fossero in una post-moderna corte “virtuale” tanti miei amici, in ritratti ispirati ai dipinti fiamminghi, indossando abiti di designer contemporanei, tra cui Magda Gomes, Alessandro Gaggio, Drusilla foer, mio fratello e molti altri. Riesci a rendere glamour anche una partita a burraco, sei femminista, sempre vestita divinamente e difendi gli omosessuali: avrai pure un difetto! Qual è? Ne ho tanti…prendo tutto come un gioco.
Lorenzo Sabatini
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