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Fondazione Paolo Grassi – La Voce della Cultura

Fondazione Paolo Grassi – La Voce della Cultura

Tito Ciotta
Francesca Grassi figlia di Paolo Grassi

Continua il nostro viaggio virtuale all’interno dei tanti spazi culturali.

Quest’oggi abbiamo il piacere di parlare, assieme a Francesca Grassi, della Fondazione Paolo Grassi – la voce della cultura.

Fondazione nata non solo per ricordare la figura di Paolo Grassi, come uomo di cultura e di spettacolo, ma anche e soprattutto per promuovere ricerche, studi, convegni, pubblicazioni sul contesto storico, culturale, sociale attraversato da Paolo Grassi negli anni del suo lavoro dalla fondazione del Piccolo Teatro di Milano, alla Sovrintendenza del Teatro alla Scala fino alla Presidenza della RAI.

Fondazione Paolo Grassi - la voce della cultura
Paolo Grassi

Paolo Grassi nel ricordo della figlia Francesca

Ma chi era Paolo Grassi?

“Mio padre – questo il ricordo della figlia Francesca Grassiera un uomo pubblico e come tutti gli uomini pubblici oberato dagli impegni.

Avevo 4 anni quando mio padre andò via di casa, ma la sua presenza non è mai mancata perché molto attento e attaccato alla famiglia.

A 14 anni decisi di avere una frequentazione diversa con mio padre, contattai il Piccolo Teatro, fissai un appuntamento e mi presentai nel suo ufficio come una persona qualsiasi.

Da quel giorno il nostro rapporto si intensificò molto.

Era una mia esigenza ma sono convinta fosse anche una sua esigenza; mio padre era un uomo riservato, ma fu da questa nuova frequentazione che nacque un legame più profondo.

Ricordo con molto piacere i viaggi fatti assieme, soprattutto a Martina Franca in Puglia. Mio padre voleva che le sue radici fossero anche le mie radici e in questo c’è riuscito perché andare a Martina per me, ancora oggi, è sempre emozionante; una terra che sento faccia parte del mio DNA. La prima volta che mi portò a Martina Franca andammo al cimitero a trovare i nostri morti perché anche attraverso la morte i legami della famiglia si saldano in modo indissolubile. Aveva un culto e un grande rispetto della morte e il cimitero era per lui luogo di silenzio e di riflessione.

Attraverso mio padre, mi si è aperto il mondo del teatro, un mondo che mi ha sempre affascinato e da cui mi sono lasciata trasportare per scoprire nuove emozioni e conoscenze. Così ho cominciato a frequentare il Piccolo Teatro per poi seguirlo nella sua nuova avventura scaligera e lasciarmi trasportare dalla musica lirica che ancora oggi è fortemente parte delle mie giornate.

Un anno mi portò in tournée a Londra con la compagnia della Scala, unica volta perché essendo un uomo onesto e trasparente il mio viaggio lo pagò di tasca sua, non mi incluse nella produzione, se ci pensi cosa rara!

Fu un’esperienza bellissima, stavo vivendo un sogno; i cantanti, l’orchestra, tornare la sera in albergo tutti insieme. Il coro della Scala, una sera, si riunì in una saletta dell’albergo e intonarono al pianoforte un mini concerto per lui.

“Dottor Grassi le vogliamo rendere omaggio per questa stupenda tournée!”

Non so se queste cose succedono anche oggi, con mio padre capitavano spesso!

Era un uomo che dava molto, ma era anche molto esigente, pretendeva molto. Era severo, soprattutto con se stesso. Sapeva fin dove tirare la corda, a volte tanto ma sempre consapevole del rispetto che tutti gli portavano.

Mia figlia, iscritta alla Facoltà Scienze dei Beni Culturali, partecipò ad uno stage al Piccolo Teatro. 

La sua tesi si rivolse in una ricerca sulle tournée del Piccolo Teatro dal 1947 al 1963. Un giorno mise sul tavolo tutte le lettere da lei raccolte, erano 300/400 lettere anche di più!

Mi disse:

“Mamma, hai mai letto le lettere del nonno?”

Io avevo letto le lettere private che mio padre mi inviava, lettere di affetto, lettere di un padre ad una figlia.

“Leggile, leggile… perché sai è molto difficile scrivere una tesi sulle lettere del nonno!”

Leggendo queste lettere immediatamente mi resi conto quanto amore quest’uomo aveva dato. Lì ho capito che era impossibile non pensare a qualcosa che lo riportasse alla ribalta. Dimenticare un uomo come mio padre, non credo si possa farlo. Chiaramente è più facile ricordare l’uomo Giorgio Strehler, il regista, colui che saliva sul palcoscenico per i ringraziamenti finali dopo la prima di uno spettacolo. Mio padre, invece, era l’uomo del dietro le quinte, colui che faceva andare avanti la macchina, una macchina difficile, nata con tante difficoltà e con tutte le difficoltà di una macchina nuova oltre agli entusiasmi, molti problemi che lui doveva risolvere.

Per tutti questi motivi, ben 18 anni fa, feci nascere la Fondazione Paolo Grassi che però già esisteva (quella di Martina Franca), per motivi notarili non potevo duplicare, quindi dovevo aggiungere o cambiare qualcosa al nome della Fondazione.

Una sera assistetti ad uno spettacolo di un artista africano il quale usava la voce come strumento musicale, non cantava, emetteva dei suoni, da lì mi venne l’idea La voce della Cultura.

Così è nata Fondazione Paolo Grassi – La voce della Cultura

Perché la Fondazione?… perché dal primo istante – continua nel suo ricordo Francesca Grassiin cui abbiamo iniziato a pensare a questo progetto (parlo al plurale perché in tanti hanno creduto in me) ci sono stati chiari lo scopo di questo sforzo culturale e la difficoltà di un impegno così grande.

In un momento in cui si sente il forte bisogno di “azione culturale” abbiamo pensato fosse giunto il tempo di riaprire le porte di quella “casa della cultura” che Paolo Grassi ha creato, in cui ha creduto e per cui ha lottato per tutta la sua vita con trasparenza e onestà di pensiero.

È stato importante tenere in collegamento – di idee, di memorie, di valutazioni critiche – tante figure artistiche e professionali che con Grassi e per Grassi hanno lavorato. E poi, negli anni, con chi ha ritenuto interessante connettersi alla sua esperienza di impresa pubblica (il Piccolo, la Scala, la Rai). In questo c’è il legame con Milano, con l’Italia e con l’Europa. Oggi territorio di iniziativa aperto a problemi, criticità e opportunità del nostro tempo.

“Il teatro come bene pubblico” lo diceva Paolo Grassi.

Necessario come le caserme dei pompieri e gli ospedali.

In quegli anni in cui in Germania c’erano ben 800 teatri stabili, in Italia esisteva ancora il teatro a gestione privata.

Oggi a distanza di quasi 80 anni dalla nascita del Piccolo Teatro, il teatro potrebbe essere quella meravigliosa “cinghia di trasmissione” tra il centro e la periferia, tra la cosiddetta borghesia e i nuovi ceti sociali, tra la logica e la fantasia, tra il pensiero e l’azione. Un movimento ludico per entrare nel profondo della vita abbandonando quelle forme rigide che la Società ci impone, per crescere in profondità e arrotondare i nostri pensieri. Per riprendere quel contatto umano che è stato man mano spezzato dalle moderne tecnologie e riappropriarci della nostra mente e dei nostri pensieri liberi.

Questo era mio padre, il suo credo, il suo ritmo, quello che lui sentiva dentro di sé.

Oggigiorno portare avanti una Fondazione ci vuole un po’ di pazzia ma anche tanto coraggio. Quest’anno siamo diventati maggiorenni e speriamo di andare avanti. Viviamo in un paese dove la cultura non è ritenuta una delle marce fondamentali della nostra economia, anche se dovrebbe essere il contrario. Viviamo in un paese, il più antico del mondo, dove ogni volta che ti giri scopri cose meravigliose, antichità, paesaggi stupendi… ovunque si respira cultura; camminando o semplicemente guardandosi attorno.

Ogni giorno mi sveglio e chiedo a mio padre, con la preghiera, di aiutarci a proseguire questo percorso.

Come Fondazione il nostro principale obiettivo è l’educazione del teatro e spettacolo nelle scuole. Abbiamo cominciato tanti anni fa con ragazzi tra i 16 e 17 anni. Durante l’Expo abbiamo coinvolto tre città; una di Bari, una di Firenze e una di Busto Arsizio (sud, centro e nord). Sono stati due anni bellissimi perché i ragazzi si sono incontrati, hanno fatto laboratori… è stato un periodo bellissimo, di grande intensità e di lavoro.

Da circa 5 o 6 anni ci occupiamo molto di più dei bambini. Nasce da una prima considerazione: i cittadini più piccoli hanno il diritto a partecipare all’arte in tutte le sue forme ed espressioni, a poterne fruire, praticare esperienze culturali e condividerle con la famiglia, le strutture educative, la comunità, al di là delle condizioni economiche e sociali di appartenenza.

Fondazione Paolo Grassi

I bambini, infatti, sono troppo spesso citati come “cittadini di domani”, riservando loro importanza in quanto strategico investimento sul futuro della comunità/città/Paese, non considerandoli come portatori di diritti, interessi e bisogni nel presente.

Quindi i bambini sono i “cittadini di oggi”.

Il nostro obiettivo è ridurre le distanze fra scuola e quartiere e tra periferia e centro, alimentando un positivo scambio tra diverse aree della città, utilizzando il linguaggio artistico come collante sociale e puntando alla riscoperta e rigenerazione di luoghi significativi del panorama culturale milanese.

I laboratori partono dal proposito di recuperare e rinnovare un’antica tradizione espressiva, da sempre amata dai piccoli e caratterizzata da una singolare immediatezza di espressione: il teatro del burattino.

I bambini e le bambine, guidati da professionisti del settore e divisi per gruppi di lavoro, hanno l’opportunità di portare avanti in una dimensione protetta, ludica e collettiva un approfondimento tematico su diritti fondamentali dei minori, con focus specifico sul diritto al gioco e alla libertà di espressione a mettere alla prova la propria inventiva, e a dare vita a personaggi e storie attraverso l’uso delle proprie mani, intese come strumento primario e immediato di creazione e movimentazione teatrale.

I bambini diventano protagonisti attivi di una vivacità̀ di pensiero e testimoni di un riavvicinamento alla manualità̀, risorsa fondamentale per liberare le capacità espressive soprattutto nei soggetti più̀ fragili che vengono stimolati a interagire con i loro compagni e facilitati nel partecipare alle attività da un mezzo di espressione che non si limita unicamente al canale verbale.

È importante, per i motivi di cui sopra, che nelle scuole il teatro NON sia a livello amatoriale, come ho sentito che vorrebbe essere in Italia, bensì come materia di studio a livello professionale, guidato da docenti professionisti.

I bambini non sono una seconda scelta!

A scuola si insegna italiano?… matematica per i futuri ingegneri? disegno per i futuri architetti? perché non ci debba essere teatro come materia di studio? per i futuri attori, drammaturghi, organizzatori teatrali….

Non solo, questi bambini saranno anche i futuri spettatori, perché educati alla cultura, fin dalla prima infanzia.

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Giuseppina Torre

Sono d’accordo!

Francesca, se posso, perché la voce della cultura e non di cultura?

“Di cultura, secondo me, è più monolitica come se ci fosse un solo Dio. Viceversa della cultura abbracciamo, o meglio, vogliamo abbracciare più cose assieme.

Ad esempio per il prossimo progetto con i bambini, coinvolgeremo sia il Teatro alla Scala che il Piccolo Teatro grazie allo spettacolo Il piccolo spazzacaminogià andato in scena proprio al Teatro alla Scala.

Questi bambini hanno letto il libretto, hanno già fatto una lezione di musica (con un professionista) e sono andati a sentire l’Opera. A breve comincerà il lavoro di scrittura (anche in questo caso rigorosamente con un professionista) de’ Il piccolo spazzacamino, storia vista dal loro punto di vista e in seguito costruiranno i burattini. Tutti assieme lavoreranno per la realizzazione dello spettacolo, non solo lato artistico ma organizzativo. Il risultato finale, lo spettacolo, verrà messo in scena sempre per le scuole di quartiere.

Il messaggio che deve passare è che per diventare un artista bisogna studiare. Questo il consiglio che mi sento di dare a coloro che vorranno affacciarsi al mondo del teatro/spettacolo perché il teatro non è solo una passione, è una professione e come tutte le professioni, bisogna studiare. Non ci si improvvisa artista!”

… secondo te c’è meritocrazia, oggi, in Italia?

“Sì, dai… mi piace pensarlo! È più facile parlare di teocrazia che di meritocrazia, però esiste. Dobbiamo cercare di essere anche un po’ positivi, ottimisti e credere che viviamo in un mondo di persone oneste e di buona volontà. Non ci troviamo soltanto in mezzo a un mare nero, ci troviamo anche in mezzo a persone che la mattina si svegliano, si tirano su le maniche e cominciano un nuovo giorno spinti da nuova energia e fiducia.

Ogni giorno, come Fondazione, rispondiamo a decine di bandi che dobbiamo cercare di vincere, altrimenti non c’è futuro… Purtroppo la raccolta fondi è sempre materia difficile e onerosa. Anche il destino di mio padre era la continua ricerca di soldi ma funziona così.

Hai mai pensato o detto: “basta mollo tutto” e invec…

(non termino la frase che Francesca Grassi, risponde)

“NO! No…

Nel senso, se dovesse succedere sarebbe per me una sconfitta.

Da quando è nata la Fondazione Paolo Grassi – La Voce della Cultura sapevo che non sarebbe stata una passeggiata, molti dei quali avevo coinvolto, e che purtroppo non ci sono più, mi davano della pazza.

Ma questo percorso, non facile, ci voleva, era necessario per dare luce, visibilità e ascolto alle parole di un uomo come Paolo Grassi che all’età di vent’anni disse:

“voglio fare l’organizzatore teatrale”

Era già perfettamente conscio di quello che avrebbe fatto nella sua vita.

Non è stato facile certamente neanche per lui, dare vita ad un nuovo un teatro. La maggior parte delle sue lettere erano indirizzate al Ministero Direzione Generale dello Spettacolo (Giulio Andreotti o a Franz De Biase) e come oggetto “Richiesta di soldi”; purtroppo uno dei maggiori problemi di tutti gli operatori culturali ancora oggi.

Vogliamo ricordare se oggi esiste RAI 3 lo dobbiamo a tuo padre quando era alla Presidenza della RAI?

“In quegli anni in RAI grazie a mio padre mandarono in onda; Padre padrone, L’albero degli zoccoli, Prova d’orchestra di Federico Fellini, la Soap Opera “Giuseppe Verdi” e Marco Polo” senza non voler togliere meriti ad altri. Però, di fatto, era un uomo scomodo, tant’è che alla Presidenza della RAI ci rimase solo tre anni e alla fine se n’è andò. Aveva sofferto molto per questo, che aggiunto i suoi mali di salute… lo portarono prematuramente alla fine della sua esistenza.

Mi sento molto legata a lui proprio grazie alla Fondazione Paolo Grassi – La voce della cultura. So di essere nei pensieri di mio padre, come lui lo è nei miei, di questo ne sono sicura. Come sono sicura di essere nei pensieri di tutti coloro (promotori della Fondazione) che non ci sono più, come il mio compagno Stefano Merlini. E spero più persone possano crederci, soprattutto i giovani, ma anche chi lavora a livello politico e pubblico. Spero in loro, che possano aprire il cuore e ascoltare le nostre richieste, richieste che non sono fantasie inutili, ma richieste concrete, perché il nostro obiettivo è di dare possibilità ai giovani di farsi una cultura.

Non dico di essere la più brava, però ho tante energie e come avrai capito le spendo volentieri nella Fondazione dedicata a mio padre.

Paolo Grassi (Milano, 30 ottobre 1919 – Londra, 13 marzo 1981)

Un uomo che fin dalla sua giovinezza ha morso la vita con l’avidità di un leone mettendo sempre al primo posto il Teatro come fonte di energia vitale, di crescita sociale e formazione politica.

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