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Paris Fashion Week: Sfilate da osservare

Paris Fashion Week: Sfilate da osservare

Redazione Starssystem
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JACQUEMUS In assoluto la più nuova, la più riuscita, la più profonda. Simon Porte conferma il tuo talento decisamente sopra la media. Ricrea il guardaroba delle madmoiselle dei primi ‘900 quando si spostavano nelle tenute di campagna. Ricrea l’outfit dell’alta borghesia in villeggiatura, fra terreni in fiore e odor di lavanda. Questo poetico paesaggio viene raccontato da Porte con geometrie nanotecnologiche completamente decostruite come è solito fare. Il pantalone, il blazer, l’abito sono una proiezione di questi. Racconta un’emozione con maestria e capacità di chi la avverte davvero. paris_8 paris_9b ALEXANDER MCQUEEN E’ cambiato molto da quello che era, bisogna guardare con occhi differenti. Altrimenti qualsiasi ricerca o parere perde di sostanza. Sarah Burton ambienta la sua donna in un paesaggio nordico, scolorito a sensazione e che forse di summer ha poco. C’è tenerezza e c’è aggressività. C’è fascino e c’è malinconia. La pelle borchiata si integra con lane, voile e tesuti ricamati a mano. Le modelle sfilano su tappeti dalle cromie confuse e in passerella si alternano chiodi di pelle e abiti di ruches. La collezione è intrigante. Questa strada potrebbe essere un’alternativa valida al primo McQueen. paris_11 paris_10b COMME DES GARCONS E’ giunto il momento di gloria per Rei Kawakubo, il Costume Institute del Metropolitan Museum di New York le dedicherà la prossima mostra del Met. Seconda volta nella storia che a essere celebrato è uno stilista vivente – fra infinite polemiche lo era stato solo Yves Saint Laurent per volontàà di Diana Vreeland nel 1983 -. Sfilano dei colossi, delle costruzioni immense di tessuti dal fortissimo impatto emotivo. Forme primordiali, metafisica pura. E’ arte, a tutti gli effetti. Giusto celebrarne il genio. paris_2 paris_3 SAINT LAURENT Prima stagione per Anthony Vaccarello dopo Slimane. La rivoluzione c’è ma non è invadente o eccessiva. Riprende le geometrie e l’immagine sexy degli anni 80’ con capi iconici di quel decennio. Minigonne, top dalle ampie maniche, lamè, luccichii, pelle – tantissima pelle – oro e vernice. Si perde l’immagine Grunge e si riconquista un differente sex-appeal con donne più grintose. Molto poco classico, molto poco borghese. Insomma, Vaccarello non ama il bon ton dei salotti, si comprende. Ma ha una consolidata idea di eleganza. paris_6 paris_7 DIOR Prima stagione anche per Maria Grazia Chiuri, per gli amanti di Raf Simons non so quanto possa essere stata apprezzata. Lei è meno concettuale, senz’altro più femminista – come ha dichiarato poco prima dello show -. “E’ una collezione pensata per le donne di oggi, ho voluto superare gli stereotipi” afferma. New Look 2.0. potremmo dire. Negli anni 50’ Dior aveva ricreato una vera e propria divisa estetica per le donne; si usciva dalla guerra da tempi bui. Era necessario con la ripresa economica rivedere l’estetica femminile, più bella, più ricca, con più classe e con le curve in evidenza. Per la Chiuri il New Look contemporaneo ha radici nel dinamismo, nel movimento – nello sport come lo scherma – nella lotta. Corsetti, pettorine ed elastici si intersecano con pizzi, merletti, tute sportive, segni zodiacali e richiami all’astronomia. E’ stata una bella prova per la Chiuri prendere un’eredità così importante. Dobbiamo essere contenti che un italiano sia alla guida della Maison, seconda dopo Gianfranco Ferrè. paris_4 paris_5]]>

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