Nel corpo di un altro
Le storie a cui accediamo ogni giorno premendo il tasto power del televisore sono il frutto di un lavoro di mesi, se non addirittura di anni, di varie figure professionali. Di tutte, però, ne vediamo soltanto alcune e da queste dipende, in percentuale maggiore o minore, l’impatto che il film o la serie avranno sul pubblico. Stiamo parlando degli attori.
Con il loro carisma, la loro espressività e soprattutto con la loro fisicità, gli attori ci invitano a far parte della vita del personaggio che stanno interpretando. Non solo, se il film in questione è un biopic, genere che va per la maggiore in questo periodo e che narra la biografia del personaggio in questione, gli attori devono anche essere in grado di rimanere fedeli allo spirito di un altro uomo, con limiti di arbitrarietà molto stretti. Insomma ogni attore o attrice ha una bella spada di Damocle sopra la testa. Consapevoli di ciò, si accostano alla parte soltanto dopo un lungo periodo di preparazione. Recitare davanti alla macchina da presa è soltanto l’ultimo step.
Nel suo percorso, l’attore studia il personaggio a partire dal materiale che gli viene fornito dal produttore: si spazia dai libri alle fotografie, dagli audio fino ai video di riferimento. L’aspetto più complicato è senza ombra di dubbio la trasformazione fisica: se il personaggio da interpretare è in sovrappeso e l’attore ha il corpo di una statua greca, il problema è piuttosto grosso… nel vero senso del termine! In moltissimi casi si ricorre al trucco – vedi Gary Oldman nel ruolo di Churchill ne L’Ora più buia, del 2017, o John Travolta nel ruolo di Edna Turnblad in Hairspray, del 2007 – o alla computer grafica – vedi Jeff Bridges nel ruolo del giovane Flynn in Tron: Legacy, del 2010. In molti altri casi, però, l’attore o l’attrice decidono di seguire una dieta, dimagrante o ingrassante, e i risultati sono impressionanti. Per Il Diario di Bridget Jones, del 2001, Renée Zellweger è ingrassata 12 chili a furia di pizza e ciambelle.
Per il seguito, Che pasticcio, Bridget Jones, del 2004, l’attrice non se l’è proprio sentita di tornare ai grassi saturi ed è ricorsa a una dieta pensata da un nutrizionista appositamente per lei. Ma le forme tondeggianti di Bridget hanno reso così celebre Renée che l’attrice ha in seguito deciso di adottarle per la vita di tutti i giorni. Jared Leto per Chapter 27, nel 2007, aveva preso ben 30 chili abbuffandosi – secondo i racconti – di cioccolato e gelato sciolti nel forno. Alla fine delle riprese, con un menu simile, Leto era rimasto vittima di problemi di metabolismo e danni alla colonna vertebrale, tanto che per un certo periodo era stato costretto a muoversi su una sedia a rotelle per percorrere le lunghe distanze. Nonostante questa esperienza, nel 2012 perse circa 20 kg rispetto al suo peso forma per interpretare il ruolo di Rayon in Dallas Buyers Club, del 2013. A inizio produzione Jared pesava 52 chili. Il sacrificio, però, gli valse l’Oscar come miglior attore non protagonista. Parlando di aumenti e diminuzioni di peso non possiamo dimenticarci del campione dell’argomento: Christian Bale. Negli anni, Bale si è guadagnato la reputazione di attore più trasformista di Hollywood passando, in pochissimi mesi, da uomo sottopeso a persona in sovrappeso e viceversa.
Christian Bale è alto un metro e ottanta centimetri e il suo giusto peso sarebbe di 80 chili. Nel 2004 riuscì a perderne ventiquattro per entrare nel ruolo de L’uomo senza sonno. Solo un anno più tardi, recuperò massa per impersonare Bruce Wayne in Batman Begins: pesava 86 chili. Tra 2006 e 2008 oscillò tra i 61 e ancora gli 86 chili per L’alba della libertà prima e Il cavaliere oscuro poi, prima di vincere l’Oscar nel 2011 con The Fighter, film per il quale dovette allenarsi senza sosta portando allo stremo il suo fisico. Dulcis in fundo, nel 2013 Bale si presentò sul set di American Hustle decisamente sovrappeso. Come per Jared Leto, i repentini cambi di peso hanno messo a rischio la sua salute, causandogli, tra l’altro, una grave ernia del disco. Quella di Vice potrebbe essere stata l’ultima trasformazione veramente rilevante, visto che l’attore ha dichiarato che non sottoporrà più il suo corpo a cambi di peso tanto impegnativi. Sarà vero?
A noi spettatori, che solitamente in poco più di 2 ore davanti a uno schermo fagocitiamo il lavoro di mesi e anni, spesso sfugge che, per riuscire a entrare in una parte, un attore è disposto a rischiare tutto, inclusa la sua salute fisica e mentale.
Il famoso Metodo Stanislavskij è sicuramente il più affidabile e utilizzato per calarsi nei panni di qualcun altro. Ma oltre al processo di personificazione – quello illustrato finora – tale metodo prevede anche quello di reviviscenza: per essere un personaggio specifico bisogna vivere come lui, pensare come lui, avere le sue stesse idee e le sue stesse paure. L’effetto collaterale di questa tecnica è che non sempre gli attori riescono a liberarsi del personaggio stesso. Shelley Duvall, ad esempio, non si è mai ripresa dal ruolo di Wendy in Shining e, ancor oggi, si pensa che i suoi problemi psichici siano dovuti al film girato con Kubrick quasi quarant’anni fa. L’elenco degli attori costretti alla psicoanalisi è piuttosto lungo ed è parere di molti che il suicidio di tanti attori – quali ad esempio Philip Seymour Hoffman, anche se a oggi non si è fatta piena chiarezza sul caso, e Heath Ledger – sia stato causato più da disturbi legati al proprio lavoro che dai traumi di una vita sfrenata.
By Riccardo Galeazzi