Chiara Rapaccini
Amore sfigati
Chiara Rapaccini è la donna che ha fatto innamorare il regista Mario Monicelli.
Utilizza l’ironia per comunicare, ma lo fa analizzando temi importanti di cui è spesso difficile parlare. Sempre con un sorriso sul volto, il suo sguardo lascia intravedere quella capacità di analisi che in questi anni le ha permesso di avere successo in un ambito delicato come è quello dell’editoria per i bambini e per i ragazzi.
Nei suoi romanzi parla di temi che in Italia sono ancora considerati tabù, almeno per quanto concerne la letteratura per ragazzi: ad esempio la sessualità, il divorzio, le diversità, il bullismo, l’anoressia, la solitudine. Tra il 1986 e il 1997 collabora con il Corriere della Sera, La Repubblica, Il manifesto, L’Unità. Crea sigle televisive e cartoni animati per la televisione. Disegna numerosi manifesti per il teatro (ad esempio il Teatro Argentina di Roma) e per il cinema (Panni sporchi del 1999 e Le rose del deserto del 2006, entrambi di Mario Monicelli). Nel 1997 diventa docente di illustrazione presso lo IED di Roma.
Nel 2003 incontra Stefano Belisari, meglio conosciuto come Elio, del gruppo Elio e le Storie Tese e insieme scrivono Animali spiaccicati (Einaudi 2004). Nel 2011 esce il suo primo romanzo per adulti dal titolo La Bambina Buona, una storia squisitamente autobiografica, mentre nel 2016 è la volta del romanzo Baires (Fazi Editore).
Ma è Amori Sfigati, una serie di vignette satiriche sul tema dell’amore, che ha colpito la nostra attenzione: il libro (Franco Cosimo Panini Editore) è stato pubblicato per la prima volta nel 2014 e nel 2016 Chiara ha vinto il Premio Andrea Pazienza come migliore autrice web. Ironiche e pungenti, queste vignette sono uno spaccato di vita quotidiana di tutti quegli amori poco riusciti, che però tutti noi abbiamo vissuto “perché”, come sostiene Chiara, “tutti siamo sfigati e chi non lo dice lo è ancora di più”.
Passato, presente e futuro di Chiara Rapaccini.
Ero una fiorentina, dico ero perché odio e odiavo il Rinascimento. La classicità, l’accademismo e la bellezza fantastica di Firenze si sono sempre scontrate con la mia anima ribelle. Fin da piccola ero interessata alla pittura: ma ho avuto sempre una forte passione per l’arte contemporanea, da Picasso a Léger, e anche per l’arte primitiva, tribale, preistorica. La mia ribellione nei confronti della troppo perfetta Firenze ancor oggi mi provoca la Sindrome di Stendhal e ne sono fuggita. Ho scelto Roma, dove vivo e lavoro, altrettanto bella ma sicuramente più vera: è caotica. Il caos è verità.
Cosa è successo poi?
Ho conosciuto Mario Monicelli durante le riprese del film Amici Miei. In quel film io facevo la comparsa. A quei tempi gli studenti fiorentini guadagnavano qualche soldo facendo i figuranti a teatro. Io, però, facevo anche la turnista di notte a Palazzo Benci, dove Monicelli soggiornava con tutto il cast. Nacque una profonda amicizia con Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Carlo Vanzina e con lo stesso Mario Monicelli. Iniziò così un flirt con il regista e io lasciai finalmente Firenze cominciando a seguirlo nella sua carriera cinematografica. Colsi l’occasione per iniziare un nuovo percorso di vita a Roma, città in cui avevo sempre sognato di vivere.
Quindi hai scelto la fuga?
Come molti altri artisti fiorentini, per esempio Roberto Benigni, Paolo Hendel, David Riondino, tutti miei carissimi amici con cui ho lavorato, da giovanissima ho scelto di andare via dalla mia città. All’età di 16 anni a Firenze cantavo con David Riondino in un gruppo rock. A quei tempi la città – erano i famosi anni del ‘68 – era intrisa di quel fermento che aveva invaso il mondo intero, ma ho scelto di allontanarmene poco dopo, non appena Firenze ha riacquistato la sua surreale bellezza. Ripeto, troppo bella e perfetta.
E come è stata la relazione con il grande regista?
Inizialmente le cose a Roma per me non erano semplici; ho fatto lavori modesti, ma ho sempre avuto una gran forza di volontà e volevo stare lì a ogni costo. Poi Mario decise di lasciare la moglie e la famiglia per stare con me, tra mille scandali anche nella mia Firenze perché a quei tempi la notizia fece molto scalpore. Paparazzi in agguato ovunque e la cosa mi infastidiva. La mia famiglia era molto contrariata da questa situazione, ma – nonostante ne fossi dispiaciuta – contemporaneamente la cosa mi stuzzicava l’anima provocandomi allegria. Nel 1978 è iniziata ufficialmente la mia vita capitolina: nel frattempo mi ero laureata in psicopedagogia a Firenze e avevo iniziato a ricevere molte offerte di lavoro come illustratrice, non avendo mai smesso di dipingere.
Il disegno quindi come grande passione.
Esatto, amo disegnare fin da quando avevo cinque anni. Ho cominciato a lavorare come illustratrice per varie case editrici. Negli anni ‘80 c’era molta richiesta per questo mestiere e ciò mi ha permesso di fare molta esperienza. Poi ho iniziato a desiderare qualcosa di più: la mia vena satirica era molto forte, grazie anche a Monicelli e alla sua commedia all’italiana che respiravo ogni giorno grazie anche agli attori che gli ruotavano intorno, come Mastroianni o Tognazzi. Erano loro a ispirare la mia ironia e la mia comicità. Così ho iniziato anche a scrivere i testi per i miei disegni e ho iniziato a comporre storie per bambini.
I tuoi libri per bambini non ricalcavano esattamente quel mondo…
Andavano completamente controcorrente, erano assolutamente antipedagogici. Ho preso spunto dal genere francese, molto più rivoluzionario rispetto a quello italiano, iniziando un percorso di storie con temi come l’anoressia, la sessualità, la gelosia, la solitudine, con uno stile totalmente insolito e nuovo. Niente paperelle o topolini, coniglietti o principesse, ma solo testi e disegni di pura realtà e verità. Sono stata la prima scrittrice in Italia a trattare argomenti così delicati con lealtà e senza tanti giri di parole. Ho una grande stima per i giovani e i giovanissimi.
Cosa successe poi?
Successe che Salani Editore mi chiese di scrivere un libro per adulti e io proposi una scatola con dentro delle carte: non carte da gioco, ma pezzi di carta dal titolo Lovstori Amori Sfigati. Ho continuato così sul filone della follia e dell’ironia, grazie anche a personaggi come Elio e le Storie Tese con cui collaboro, oppure Frank Zappa o Paolo Hendel, personaggi che mi hanno sempre ispirato in questa vena di cinica comicità. Da queste interazioni nasce un blog, Amori Sfigati, in cui comincio a parlare col pubblico di situazioni grottesche che, volenti o nolenti, sono capitate a tutti in amore.
Il successo è immediato.
La popolarità è enorme e grazie anche ai social comincio ad aumentare la mia visibilità. Le mie vignette satiriche nascono di getto e in pochi minuti prendono vita: sono disegni molto semplici, si rifanno alla mia vecchia passione per le incisioni rupestri. E tutto viene fatto con velocità e spontaneità. Disegno in metro, in autobus o in aereo, in tempo reale. Prendo spunto da ciò che vedo nella vita quotidiana. I followers, dopo aver aperto anche un account su Instagram, mi scrivono e mi raccontano le loro vicende di amori sfigati: nascono vignette sempre più attuali e capaci di raccontare la quotidianità dell’amore senza filtri.
Che tipo di pubblico ti segue?
La maggioranza sono donne, almeno l’80%. Sono maggiormente giovani, l’età media è sui 25 anni. Amori Sfigati diventa una occasione di confronto, un momento di terapia.
E tu che pubblico preferisci?
Sono molto orientata verso gli adolescenti. Hanno molto da offrire, ma spesso vivono in modalità off. Svolgono un compito difficile: ambientarsi in una società che non sempre li valorizza o li comprende.
Ci sarà mai una vignetta positiva, che faccia presagire un lieto fine tipo “e vissero tutti felici e contenti”?
Assolutamente no; il mio è un lavoro di distruzione della favola dell’amore a lieto fine, di disincanto. La crisi della coppia è assolutamente reale e mettere su carta questa condizione serve a rendere più forti le persone, quasi a dire “non sono l’unico a essere sfigato”. La gente si sente compresa e non vive più come un handicap il non avere una storia d’amore perfetta. In amore quasi tutti sono sfigati. Anzi, tutti, soprattutto quelli che credono di non esserlo. I miei followers sono sinceri, accettano la realtà.
By Barbara Cialdi