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“The Social Dilemma” vuole aprirci gli occhi e ci riesce benissimo

“The Social Dilemma” vuole aprirci gli occhi e ci riesce benissimo

Barbara Cialdi

Facebook, Twitter e Instagram ci piacciono molto e li usiamo con disinvoltura. Condividiamo, postiamo, commentiamo, controlliamo gli altri ma quali sono le conseguenze della nostra crescente dipendenza dai social media? The Social Dilemma di Jeff Orlowski, ecco il titolo di questo ibrido documentario-drammatico, rivela come i social media stiano riprogrammando la civiltà attraverso una manipolazione mentale mai operata prima. Un film girato con i fondatori e i consulenti del Center for Humane Technology, un’organizzazione no profit focalizzata sull’etica della tecnologia di consumo, ed ex dipendenti e collaboratori che hanno avuto un ruolo cruciale nella crescita dei colossi della Silicon Valley. E quello che ne esce è un ritratto grottesco della civiltà del ventunesimo secolo. Un numero relativamente piccolo di ingegneri che impatto può avere sulla società moderna? Una nuova forma di capitalismo che utilizza l’intelligenza artificiale per dirottare l’attenzione, mettere a repentaglio la verità, strappare le norme e collocare gli individui su un percorso autodistruttivo.

Così nel corso dei 93 minuti del suo documentario Jeff Orlowski, il regista di Chasing Coral e Chasing Ice, affronta abilmente concetti come la dipendenza dalla tecnologia, l’ingegneria sociale e il capitalismo della sorveglianza e li rende viscerali, comprensibili ed urgenti. Con esperti di tecnologia che lanciano l’allarme sulle proprie creazioni. Gli effetti collaterali di guardare The Social Dilemma, disponibile in streaming su Netflix, includono infatti il bisogno urgente e repentino di cancellare tutti i social ed iniziare una nuova vita sotto copertura. O almeno prendersi una pausa dal nostro smartphone. E non è un caso che la sfida, mentre scorrono testimonianze e immagini, la lanci proprio Orlowski: “Siete in grado di guardare tutto il documentario senza mai sfiorare il telefono?”

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Un’altra frase cardine da non sottovalutare è il motto “se il servizio è gratuito, allora sei il prodotto“. I motori di ricerca, le reti, le informazioni istantanee e simili sono solo strumenti per attirarci, per trattenerci il più a lungo possibile nella rete. Una volta che siamo agganciati, la vera merce che vendono è la loro capacità di influenzarci e manipolarci. Il dilemma sociale interrompe i disgregatori svelando le macchinazioni nascoste che si verificano dietro i social media e le piattaforme di ricerca preferiti da tutti. Una macchinazione di cui la nostra società è ormai ingranaggio fondamentale: per noi Facebook e Instagram sono diventati luoghi dove incontrarci, mentre Google è diventata la fonte di tutto lo scibile umano dalla quale abbeverarsi. Teorie che solo le generazioni future potranno provare a smentire, anche se la trappola sembra essere già scattata anche per loro.

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