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Sirens, la serie tv Netflix: il potere simbolico di un’estetica ammaliante

Sirens, la serie tv Netflix: il potere simbolico di un’estetica ammaliante

Nives Boncristiano
Sirens

Uscita il 22 maggio su Netflix, Sirens è una dark comedy ipnotica, provocatoria e ricca di simbolismi. Basata sull’opera teatrale Elemeno Pea, scritta dalla creatrice e produttrice esecutiva Molly Smith Metzler, la miniserie esplora dinamiche di potere, desiderio e manipolazione con un’estetica tanto raffinata quanto inquietante.

Al centro della narrazione, tre protagoniste femminili interpretate da Julianne Moore (Michaela), Milly Alcock (Simone) e Meghann Fahy (Devon): donne diverse tra loro, ma accomunate da una lotta interiore contro il privilegio e le ferite del passato.

Tre donne. Tre percorsi. Una stessa inquietudine.

Michaela è una figura magnetica: una ricca filantropa che governa, con grazia e fermezza, un microcosmo fatto di apparenze.

Simone, la sua assistente personale, è completamente assorbita da questo universo ovattato, soggiogata dal fascino gelido che lo pervade.

Devon, sorella maggiore di Simone, è l’elemento di disturbo: concreta, spigolosa, ha dedicato la vita alla famiglia, sacrificandosi per un padre malato e una sorella fragile.

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Michaela (Julianne Moore) è una figura magnetica: una ricca filantropa che governa, con grazia e fermezza, un microcosmo fatto di apparenze – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto di ricontattare Simone, risolto con l’invio di una banale composizione di frutta in risposta a una richiesta d’aiuto, Devon decide di raggiungerla sull’isola dove lavora, in una sontuosa villa di proprietà di Michaela. Qui scopre un mondo irreale, in cui il lusso anestetizza la realtà e ogni gesto è scandito da un’armonia solo apparente.

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Milly Alcock interpreta Simone – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

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Meghann Fahy interpreta Devon – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

Un ambiente ovattato, un potere silenzioso

La villa è tanto luminosa quanto inquietante: pareti pastello, arredi candidi, un’estetica eterea in cui tutto è minuziosamente studiato. Proprio questa perfezione, ostentata e asettica, genera un senso costante di controllo. La luce, invece di rassicurare, acceca; i colori chiari, anziché trasmettere serenità, soffocano ogni forma di autenticità. In questo scenario ovattato, dove persino il silenzio sembra parte dell’arredamento, si muove un potere invisibile che domina con garbo e manipola con eleganza.

Ogni stanza è pensata per trasmettere bellezza e ordine, ma tra le sfumature pastello e i tessuti impalpabili si avverte una tensione latente.

Michaela si muove tra quegli spazi come una dea luminosa, usando gentilezza e fascino come strumenti di controllo. Simone, immersa in quel mondo rarefatto, ha perso ogni capacità critica: si dedica con devozione cieca alla vita della sua capa, convinta che il privilegio sia una forma d’amore. Devon, invece, è un corpo estraneo, inizialmente respinta da quell’apparente perfezione.

Controllo, manipolazione e l’illusione del libero arbitrio

Sirens affronta il tema del controllo psicologico con estrema finezza. Come il canto delle sirene nella mitologia, ciò che cattura non è la forza, ma il desiderio. Le protagoniste non sono costrette: si lasciano sedurre, cedono volontariamente. La manipolazione è silenziosa, quasi impercettibile, ma inesorabile.

Michaela regola ogni aspetto della vita dei suoi ospiti e collaboratori: telecamere ovunque, legami proibiti tra membri dello staff, imposizioni travestite da gentilezza. Simone ne è completamente assorbita: profuma la biancheria di Michaela, le organizza gli incontri con il marito, dorme accanto a lei come un’amica dei tempi del liceo.

Devon e Simone: sorelle agli antipodi

All’inizio della serie, Devon è una donna alla deriva: trucco sbavato, abiti grunge, capelli raccolti in una coda disordinata. Lavora in un fast food, lotta contro la dipendenza dall’alcol, ma è l’unica a vedere con lucidità la realtà. I suoi vestiti neri, cupi e informali, riflettono un’esistenza segnata dal dolore, dalla rinuncia, dalla solitudine.

Nel tentativo di salvare la sorella, entra nel mondo ovattato della villa e, conquistata la fiducia di Michaela, si trasforma: indossa abiti floreali, trucco delicato, pettinature curate. Ma l’aspetto inganna: sotto il nuovo look c’è sempre la stessa donna, determinata a salvare l’unico legame autentico della sua vita.

Simone, invece, è l’immagine della perfezione: abiti colorati, modi garbati, trucco impalpabile. I suoi vestiti floreali, coordinati all’ambiente, la rendono parte di un’estetica che la inghiotte. La segretaria perfetta, la compagna ideale, l’angelo custode di Michaela. Ma è anche la più fragile: confonde l’amore con la dipendenza, la libertà con la sottomissione.

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Devon e Simone: sorelle agli antipodi – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

Il linguaggio del colore

Il colore è un linguaggio silenzioso ma potentissimo. Le cameriere indossano divise verde salvia, in armonia con le pareti e gli arredi, contribuendo a una coerenza visiva in cui ogni presenza si dissolve nel contesto. Anche gli ospiti seguono un codice cromatico rigoroso: abiti floreali, nuance tenui, volumi morbidi. Nulla è lasciato al caso.

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Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

Solo Michaela e suo marito Peter (interpretato da Kevin Bacon) si distinguono: i loro abiti, sobri e neutri, li pongono al di fuori della coreografia estetica comune. Michaela, in particolare, incarna una femminilità eterea e rarefatta, avvolta quasi sempre in vesti bianche o pastello, simbolo di una perfezione luminosa, sacrale.

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Michaela (Julianne Moore) incarna una femminilità eterea e rarefatta – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

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Kevin Bacon interpreta Peter – Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

Ci sono due momenti in cui il codice visivo di Michaela si incrina, rivelando le crepe nel suo controllo impeccabile. Il primo avviene quando riceve la foto che testimonia il tradimento del marito: indossa un abito di un verde bosco profondo, un colore mai visto prima su di lei. Una scelta cromatica densa di significato, che suggerisce minaccia, tensione, vulnerabilità.

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Michaela (Julianne Moore) indossa un abito verde bosco che suggerisce minaccia, tensione, vulnerabilità

Il secondo si manifesta mentre si prepara per il gala, quando Peter le chiede conto del licenziamento di Simone. In quella scena, Michaela indossa un abito giallo ocra: una tonalità calda ma ambigua, che evoca inganno e quasi una dualità inquieta. Anche qui, l’estetica tradisce ciò che le parole tentano di nascondere.

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Michaela (Julianne Moore) indossa un abito giallo ocra che evoca inganno e quasi una dualità inquieta

Moda, simbolismo e cultura pop

L’estetica di Sirens è parte integrante della narrazione, un linguaggio visivo che rafforza il senso di alienazione e controllo. 

Il guardaroba delle protagoniste in perfetto stile preppy è caratterizzato da palette di rosa, turchesi e verdi acquatici che sembrano evocare un’eterna estate della mente, ispirato al mondo elitario del New England, gioca con un immaginario ben preciso: quello di Lilly Pulitzer, designer americana diventata celebre negli anni ’60 per i suoi abiti coloratissimi, spesso a motivi floreali, sinonimo di ricchezza spensierata e vita privilegiata nelle residenze estive della East Coast.

Nella serie, questo stile iconico è ripreso con cura maniacale: la maggior parte dei capi è realizzata su misura, declinata in tinte pastello e silhouette bon ton, per creare un’estetica tanto solare quanto inquietante.

Così, i vestiti si fanno metafora: l’eleganza patinata delle protagoniste si trasforma in una maschera, e la moda diventa lo specchio fedele di un mondo seducente, ma profondamente inquieto.

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Foto di /MACALL POLAY/NETFLIX – © 2025 Netflix, Inc.

La forza delle Sirene

In Sirens, come spesso nella vita reale, affiora l’idea che, per le protagoniste femminili, il potere sia un terreno scivoloso, da conquistare a caro prezzo e sempre a rischio di essere revocato. Le tre protagoniste incarnano in modi diversi la fatica di affermarsi, di emanciparsi da legami affettivi che spesso feriscono più di quanto sostengano.

Al contrario, al protagonista maschile basta cambiare le regole del gioco: archiviare una moglie non più funzionale al proprio disegno, sostituirla con una figura più giovane, più docile, più semplice da manipolare. In questo mondo ovattato e spietato, la libertà femminile non è mai un dono: è un atto di coraggio, una resistenza silenziosa.

Sirens è un’esperienza ipnotica, un labirinto di apparenze e desideri, in cui ogni scelta è carica di conseguenze. Una narrazione sottile e seducente, come il canto delle sirene: difficile da ignorare, impossibile da dimenticare.

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