Marco Masini: “Quello che vorrei raccontare”
Disperato, Perché lo fai?, Ci vorrebbe il mare, Bella stronza, T’innamorerai, Vaffanculo… Con la sua musica Marco Masini ha saputo raccontare sogni, rabbia e passioni di una generazione. Sono gli anni di Tangentopoli e della Guerra del Golfo, anni difficili ma affascinanti; la fine dell’edonismo anni ’80 lascia il posto a una grande incertezza politica e sociale. Anni di cambiamento e incognite tesi verso il nuovo millennio. Masini con durezza e realismo descrive quello che lo circonda, senza avere mai paura di toccare temi scomodi. Un “neorealismo musicale” che non può lasciare indifferenti. È subito grande successo, fin da quel Sanremo 1990 che lo incorona vincitore tra i “Giovani” con Disperato (E quando torno a lei mi faccio quasi pena, e più che non ci sei e più che voglio te, voglio ancora le tue dita che graffiano la schiena), una poesia pura. Nella lunga e gloriosa carriera di Marco Masini non mancano periodi oscuri, difficili e accuse infamanti, ma non manca nemmeno quel coraggio di rialzarsi sempre grazie alla musica. Torna a Sanremo nel 2004 e vince con L’uomo volante. Il ragazzo degli anni ’90 è diventato un uomo, e nella canzone del trionfo sanremese le urla generazionali lasciano il passo al tenero desiderio di diventare padre. Il resto è storia recente: altri Sanremo, nuove canzoni, e una profonda maturità artistica. Un artista che non smette mai di rinnovarsi e cambiare pelle, fino al ruolo di coach nello show musicale di grande successo Ora o mai più.
Un nuovo trionfo. Lisa, sua allieva in Ora o mai più, ha vinto la prima edizione del programma…
Hai detto bene, la vittoria è di Lisa. Io ho solo cercato di aiutarla e di metterle a disposizione le mie conoscenze musicali e la mia professionalità. È molto brava: onore a lei, al suo passato e alla forza che l’ha portata fino a qui. È stata una grande fortuna poter condividere con il pubblico certi tipi di emozione. Tutti abbiamo avuto un periodo di annebbiamento e credo che il merito di questa trasmissione sia stato dare nuovo entusiasmo alla loro vita artistica. Nel programma li chiamavano allievi ma per me sono sempre stati dei colleghi.
Nel ruolo di coach ha colpito molto la grande precisione tecnica dei suoi giudizi…
Il mio vero ruolo è fare il musicista: è questo il mio mestiere. Ho semplicemente continuato a fare il mio lavoro, e ho sempre basato i miei giudizi sul grande rispetto per questi artisti che hanno avuto il coraggio di rimettersi in gioco.
Anche lei ha vissuto molti momenti difficili. Qual è stata la spinta che le ha permesso di andare avanti e di tornare poi al grande successo?
La voglia di scrivere, senza dubbio. Scrivi delle cose, ti emozioni e hai voglia di condividere quelle emozioni con gli altri. Le canzoni sono l’arma migliore per convincere noi stessi delle nostre potenzialità.
Molte sue canzoni sono state un urlo generazionale…
Negli anni ’90 penso di aver raccontato più un disagio esistenziale che sociale. Certo, ogni problema esistenziale nasce da un disagio sociale e di conseguenza da un momento storico difficile. Sono stati anni complicati per tutti, anche da un punto di vista politico e istituzionale, anni di smarrimento, con la perdita di punti di riferimento e la fine delle grandi ideologie; ci si trovava smarriti in una sorta di stanza vuota. La solitudine faceva parte dei miei racconti. Io vivevo quegli anni e cercavo di esprimere disagi e passioni della mia generazione: è stato bello condividere quelle emozioni con tante persone.
Come descriverebbe, invece, il periodo attuale?
Be’, lo smarrimento è aumentato. In politica non abbiamo ancora trovato una guida saggia e sicura. Nonostante questo ci sono tanti diversivi, c’è comunione, aggregazione, scambio interattivo di opinioni. I social per esempio hanno dato più possibilità per confrontarsi con gli altri, questo non avviene sempre in modo positivo ma è la deriva di ogni strumento utilizzato male.
Chi l’ha ispirata nel suo percorso artistico?
Giancarlo Bigazzi e Giuseppe Dati. Beppe ha iniziato davvero questo percorso con me, Giancarlo, invece, era già un grande del settore; due figure che mi hanno spinto a trovare l’entusiasmo e la forza di raccontare. Mia mamma è stata una grande fonte d’ispirazione. L’ho persa nel 1984. Anche lei cantava, è stata la persona che mi ha trasmesso l’amore per la musica. Sicuramente ha influito come ideale di donna da seguire e mi ha permesso di raccontare questo ideale in tante canzoni.
Qual è la differenza più evidente rispetto a quando ha iniziato?
Ci sono tante differenze. Oggi ci si affida più ai talent o a una canzone che deve avere subito successo. Ieri le case discografiche seguivano gli artisti più da vicino, c’erano anche altri budget.
Se oggi avesse 20 anni parteciperebbe a un talent show?
Sì, ma cercherei di arrivarci preparato. La grande preparazione tecnica è un’arma necessaria per reggere l’urto: un talent ti può esaltare o distruggere in un attimo. È importante anche andare in giro a suonare e capire la musica che ci circonda.
Che ricordo ha del suo primo Sanremo?
Io non vivo di ricordi. I ricordi appartengono a generazioni che hanno una mentalità ancorata e fossilizzata in un sistema di vita sbagliato. La vita va avanti, non bisogna pensare a quello che è successo ma a quello che succederà; continuare a rivivere la stessa emozione non sarebbe altrettanto emozionante.
Sta lavorando a un nuovo disco?
Sto scrivendo, e sicuramente scrivere è quello che mi piace di più, se poi le canterò io o un altro poco importa.
Cosa le piacerebbe raccontare ora con la sua musica?
Mi piacerebbe raccontare un cambiamento, la fine dell’odio, delle guerre, del terrorismo. Mi piacerebbe raccontare tutto questo. E che siamo finalmente sereni. Vorrei parlare della spiritualità che ci dà forza e coraggio, ma a 54 anni sono un po’ disincantato. Il mio augurio è che tutto questo lo possano raccontare, un giorno, i nostri figli o nipoti.
Ph: Angelo Trani – Sony Music
Intervista Luca Forlani