Intervista a Vittorio Grigolo
18 Marzo 2016
Vittorio Grigolo sembra più un attore che un cantante d’ opera, invece è uno dei tenori più conosciuti ed apprezzati al mondo. Impegno e sacrificio hanno contribuito ad imporlo ai primi posti della classifica mondiale, perché “un artista si mette in discussione senza mai dare nulla per scontato“. StarsSystem l’ha incontrato dopo le trionfali recite di Rigoletto alla Scala.
Lei è uno dei tenori più affermati al mondo, qual è la chiave del suo successo? Il fatto di essere italiano la favorisce? La vera ed unica chiave del successo è sapersi mettere completamente a nudo quando si entra sul palcoscenico. Un artista mette tutto ogni volta in discussione senza dare mai nulla per scontato. Ogni racconto, ogni sera una nuova impresa da combattere dove condividere gioie sofferenze, ma soprattutto esperienze di vita vissute attraverso i personaggi interpretati. Ovviamente essere italiano e poter usare questo linguaggio musicale attraverso la mia lingua madre mi da moltissimi vantaggi. Il fraseggio e lo stile del tenore italiano appartengono ad una categoria ben specifica. Si deve ovviamente poi sempre lavorare senza mai sedersi sugli allori e constatare che in una partitura si nascondono sempre delle novità mai viste prima. In effetti le cose che a volte scompaiono alla vista sono quelle che alla fine ci si ripresentano sempre davanti. Ha iniziato a cantare da bambino a Roma nel coro della Cappella Sistina, tanto sacrifico, tanto studio, ma anche tanti insegnamenti. “Dolce cuor del mio Gesù” fu il suo primo solo, cosa provò in quell’ occasione? Tremavo tutto come una foglia (ride) ma ero consapevole del ruolo che avrei preso di lì a poco all’interno della Cappella Musicale Pontificia. Volevo a tutti i costi quel posto, lo desideravo ed è avvenuto. I primi suoni pieni di emozione, che inizialmente avrebbero potuto lievemente chiudere la gola, dopo una frazione di incertezza, si sono liberati come lo spirito e la fede riposta in essi dopo tanto studio. Padre Raffaele Maria Preite non solo aveva creduto in me ma ci aveva visto lungo. Avevo aperto qualcosa all’interno di quella grande anima di sacerdote dedito alla musica e a Gesù. Una melodia “Dolce cuor” che porto tuttora con me continuamente ogni giorno. A volte mi piacerebbe poter tornare indietro per rivivere quella mattina, quando uscimmo verso le 11:00 dalla scuola, attraversando largo Argentina per poi passare davanti a Sant’Andrea della Valle (chiesa della famosa Tosca pucciniana, Opera che divenne poi il mio debutto proprio a Roma) e arrivare alla chiesa dove tutti i primi venerdì del mese celebravamo la messa cantata. Sapevo, quella mattina, che qualcosa sarebbe cambiato e che un riconoscimento sarebbe avvenuto. Che emozione. I suoi debutti agli esordi sono avvenuti principalmente con ruoli da tenore lirico-leggero in opere come Il Barbiere di Siviglia, L’ elisir d’amore, Il turco in Italia e Così fan tutte. Ascoltandola in teatro la prima cosa che colpisce è il volume della sua voce… Pensa mai di “virare” verso un repertorio più “spinto” o “drammatico”? Tanta, tanta positività. Il fatto di avere iniziato con un repertorio leggero mi ha dato tanto spazio e tanta possibilità di crescere lentamente e di soffermarmi senza esagerare facendo un passo che poi avrei pagato con le mie stesse corde. Una volta usurate non si torna indietro. Bisogna pensarci prima ed in questo sono stato fortunatissimo ad avere il mio maestro sempre presente vicino a me, che mi ha consigliato inizialmente il repertorio più adatto e poi, più avanti, ha partecipato alle mie decisioni. Ad un certo punto della mia carriera Danilo Rigosa, così si chiama il mio maestro, aveva capito che non avrei sbagliato. Oggi desidero certamente aggiungere dei titoli con ruoli nuovi, ma non mi interessa tanto se questi siano per tenore drammatico o spinto o quant’altro. Il fatto di avere un grande volume certamente aiuta ma non sempre. Credo sia più importate essere nel carattere e poi aggiungere anche il volume. Vedo comunque davanti a me in un futuro vicino ruoli in opere come Un ballo in maschera, Werther, Tosca ed ancora Pagliacci… Aria che adoro. Insomma se Dio vorrà 🙂 … Vedremo! Certo, devo dire, che non disdegnerei invece rifare un bel Così fan tutte. Ricordo ancora come fosse oggi la produzione fatta a Roma. Riuscii a cantare 5 recite in 5 giorni… Cosa mai più accaduta da allora! Si vedono in teatro sempre più di frequente regie poco rispondenti al libretto dell’opera rappresentata. Lei che rapporto ha con gli allestimenti cosiddetti “moderni”? Le regie moderne non mi dispiacciono basta che non sconvolgano la storia del libretto. Devo essere onesto però nel dire che prediligo allestimenti classici ed ovviamente Zeffirelli rimane il mio idolo, anche se ultimamente mi trovo a collaborare sempre di più con registi che capiscono il senso di questo linguaggio. La regia deve poter allargare lo spettro della ricezione sensoriale, deve in qualche modo far percepire insieme alla musica ed al canto un concetto totalitario chiamato “Opera”. Un insieme di energie ed eventi che concatenati tra loro attraverso piccoli punti neri (le note), si trasformano in esperienze catartiche di vita vissuta già o non per ognuno di noi. Comunque non mi faccio più condizionare e quando veramente non mi piace un allestimento sono oggi in grado di decidere se farlo o meno. E’ reduce dalle trionfali recite come Duca di Mantova nel Rigoletto alla Scala con il grande baritono Leo Nucci. Può raccontarci qualche aneddoto? Nucci ottiene ancora successi planetari pur avendo quasi il doppio, e in alcuni casi anche più, dell’età dei colleghi; cosa pensa di questo straordinario artista? Cosa si pensa? Semplice… Che fare quello che si ama regala forza e vitalità da vendere. Ecco cosa veramente penso quando mi trovo a condividere il palcoscenico con artisti di questo calibro che sanno sempre rinnovarsi pur lasciando passare generazioni davanti a loro. Sapersi adattare e condividere il tempo in cui si vive dando il massimo è la chiave del successo. Riconoscendo altresì i propri limiti, ma avendoli prima costantemente cercati e misurati, limitati, arginati con fatica attraverso un lavoro certosino e tanto, tanto sacrificio. Questo è quello che vedo nel grande artista che è Leo Nucci, che non smette mai di stupirmi con le sue interpretazioni. Un legame, il nostro, costruito sul rispetto e la stima reciproca che ci porta sempre alla fine a divertirci come matti, tra le gocce di sudore che bagnano continuamente costumi e camicie…. A più non posso. Il Rigoletto alla Scala, forse uno dei titoli e traguardi più duri che un tenore possa immaginare avendo non solo una tessitura impervia da dover domare, arrivando poi all’apice con la famosa “Donna è mobile”. Tutto questo alla fine dell’opera prima di affrontare diciamo non più “fresco come una rosa” il fatidico quartetto “Bella figlia dell’amore”. Tutto il Rigoletto è un capolavoro . Non aggiungo altro in merito. Sappiamo di una sua recente apparizione in un concerto con Amakheru Duo presso il Teatro Rossini di Pesaro. Cosa pensa della diffusione nel mondo del Belcanto italiano, anche di quello più raro e da camera, di cui si occupa questa giovane formazione artistica? Qualsiasi forma di diffusione del canto per me è oro colato. Non vedo quali controindicazioni ci possano essere. Penso che sia solamente un grande bene. Dovremmo avere più organizzazioni e formazioni del genere che possano mettere in discussione ed attrarre altro pubblico. Qual è l’aspetto della cultura italiana che predilige? E me lo chiede? La musica, ovvio. Secondo posto la cucina. Terzo la storia!!! Tanta, troppa e non finisce mai di sorprenderci… Tre parole che per lei descrivono il nostro Paese? Solare, accogliente, ricco. Qual è la sua città italiana preferita e per quali motivi? Che dire, qui il cuore si divide. Roma mi ha cullato fin da piccolo prendendosi cura di me. A soli 7 anni ero in un collegio francese, il Saint Dominique, dove ho potuto imparare questa lingua che oggi utilizzo nel repertorio francese e che mi sta regalando grandi soddisfazioni. Poi il periodo passato nel cuore della città eterna e precisamente alla sede della Cappella Musicale Pontificia a largo Chigi. Sono stati anni preziosi e meravigliosi che mi hanno portato ad amare questa città con tutti i suoi pregi e difetti. Poi Milano ovviamente, con il debutto alla Scala che a soli 22 anni mi ha fatto tremare l’anima, ma regalato un’emozione ancora oggi indescrivibile. Milano tutt’ora regna come mia città preferita. Un’ altra città che però porto con me è Zurigo. Tutta la palestra e tanti ruoli affrontati in questo teatro mi hanno dato tanto. Che dire… Mi devo dividere come una mamma o un papà davanti ai suoi bambini, non saprei quale decidere… (sorride) Ha un tatuaggio molto particolare… “I surrender to you”, mi arrendo a te. Ci può spiegare il suo significato? Semplice. È rimasto uno spazio vuoto sopra il tatuaggio e forse un giorno si riempirà. All’interno il mio cuore circondato dall’albero della vita. Rami che si intrecciano proteggendolo. Quello che spero di trovare nella dolce metà che saprà conquistarlo per sempre, ma credo che già sia stato preso… Ora tocca a me (sorride). Più che un cantante d’opera lei sembra un modello. Che rapporto ha con la moda? Nessun rapporto in particolare, il mio grande amore è sempre stata la musica. Sappiamo che tra viaggi, prove e recite la vita del cantante d’opera è molto frazionata. Nel tempo libero ha degli hobby che la appassionano? La mia passione fin da piccolo è sempre stata quella di costruire, scomporre, analizzare e capire i meccanismi di tutti i giocattoli che mi passavano fra le mani. In particolare macchinine aerei ed elicotteri. Sono passato poi dal modellismo statico a quello dinamico, costruendo aerei e poi oggi elicotteri. Gli elicotteri occupano oggi il mio tempo libero ma non sono solo uno svago. Ho ridisegnato ultimamente ed inventato un nuovo tipo di elicottero elettrico costituendo una società “Helitalia“ che ne inizierà la produzione a breve. Dedica molto tempo alla cura della sua persona e del corpo? Penso che tutti dovrebbero avere cura del proprio corpo, un po’ come fare i tagliandi per la propria auto. (sorride) Ha annunciato il suo nuovo progetto di cui sarà il protagonista: si tratta di un grande tour che partirà a settembre di uno spettacolo dedicato all’Italia. Ci può raccontare meglio di cosa si tratta? Lo spettacolo nasce da un sogno. Un sogno che si trasforma attraverso le scenografie dall’abile e geniale John Pascoe che da vita ad una vera e propria storia. Un viaggio in cui il personaggio principale attraversa la storia dell’Italia ed i momenti salienti che l’ hanno caratterizzata. Sono strafelice ed emozionato nell’avere la possibilità, con questo incredibile progetto, di poter cantare la storia del mio paese. Non vi svelo altro per ora, dovrete vederlo voi con i vostri occhi…Intervista: Francesco Cascione Foto: Alex D. James
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