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Camilla Violante Scheller – Io sono Navëe

Camilla Violante Scheller – Io sono Navëe

Tito Ciotta
Camilla Violante Scheller - Navëe

La voce e lo sguardo saranno quelli di una creatura un po’ bimba e un po’ selvatica, che muove i suoi primi passi nel mondo: Navëe. Ma chi è Navëe?

Navëe è una piccola donna a tante voci…

Navëe è novella di questo mondo…

Navëe è… Camilla Violante Scheller.

Camilla, nata a Milano, comincia il suo percorso artistico diplomandosi all’Accademia dei Filodrammatici nel 2015 e debutta come attrice grazie a registi teatrali di tutto rispetto quali; Carmelo Rifici, Bruno Fornasari, Bruni/Frongia, Massimiliano Cividati, Stefano Cordella giusto per citarne alcuni, ma lavora anche con compagnie indipendenti come servomuToteatro, Compagnia Oyes, Guinea Pigs e il Collettivo Bladam B-side.

Camilla Violante Scheller e la nascita di Navëe

Navëe invece debutta nel 2023 grazie all’EP io rêve/tu rave!, un viaggio musicale attraverso le lingue e il tempo: italiano francese, inglese e dialetto milanese, ninna nanne e grida, canti partigiani e onomatopee nato da una stretta collaborazione con il sound designer e compositore Gianluca Agostini.

L’EP contiene cinque brani che si muovono fluidamente tra dream pop e stile cantautorale, conditi con ritmi techno e influssi hyperpop.

Camilla Violante Scheller - Navëe

Navëe…

come una navicella spaziale, ama scoprire mondi attraverso la miscela di linguaggi artistici differenti e incontrare creature di diversi pianeti.

Lo spunto di Navëe – ci racconta di lei la sua alter ego, Camilla Violante Scheller – viene dal mio secondo nome, Naveena, un nome dell’Asia meridionale comunemente diffuso in lingue come il Tamil e l’Hindi, che significa ‘novella’ o ‘nuovo’.

Questo nome mi è stato dato dalla mia mamma, ex hippy giramondo, che in uno dei suoi lunghi viaggi in India, prima che io nascessi, ha incontrato una ragazza, da cui è rimasta particolarmente colpita, che portava proprio questo nome.

Navëe dunque è la parte più personale di me, che invece di camuffarsi per mettersi a servizio delle idee e dei progetti degli altri come interprete (cosa che comunque amo fare), vuole gridare al mondo chi è, cosa pensa, come vive ciò che la circonda, come lo sente, come lo immagina, anche con uno sguardo politico, in una trasposizione artistica e quindi liberatoria!

Ma quando nasce Navëe…

Navëe, in realtà c’è sempre stata aveva solo bisogno di uno stimolo per uscire allo scoperto.

Prima di entrare all’Accademia dei Filodrammatici, a vent’anni, ero indecisa se tentare un percorso teatrale da attrice o musicale, come compositrice o altro.

Il destino ha fatto la sua parte ed ho cominciato a lavorare in teatro, mettendo temporaneamente a margine la mia creatività musicale.

Durante il periodo della pandemia, a partire dal secondo lockdown, sono piombata in una profonda tristezza e confusione rispetto alle scelte fatte, le aspettative mancate.

Per quelli che come me si sono dovuti chiudere in casa a ventisei anni e ne sono “usciti” a quasi trenta è stato un arresto violento del proprio percorso lavorativo, sia dal punto di vista economico che esistenziale, proprio perché sono anni in cui si dovrebbe aggredire la vita, buttarsi e sbagliare, anziché implodere.

Ho realizzato che i sogni, per come ci hanno insegnato a viverli e costruirli, un po’ all’americana, sono una chimera e non possiamo fare affidamento su nulla al di fuori di quello che ci fa sentire connessi con la nostra identità e con le persone che amiamo.

Così, incoraggiata dal mio compagno che mi ha sempre spronato nella ricerca di un mio linguaggio artistico personale, ho comprato una loop-station per vocalist, recuperato una piccola tastiera MIDI, ed ho cominciato a giocare, come una bambina che riscopre il mondo per la prima volta, tentando di mettere tutta la mia tristezza di giovane adulta da parte.

Di lì, dopo che si sono sciolti i ghiacciai della pandemia e abbiamo ricominciato un po’ tutti a respirare, sono arrivate le prime proposte musicali: una performance per l’inaugurazione della mostra dello scultore Davide Dall’Osso al Castello Maniace di Siracusa, un’altra dei Guinea Pigs, compagnia di teatro di ricerca, in cui ho ri-arrangiato un repertorio di brani pop da Gabriella Ferri a Lady Gaga e infine l’incontro con Gianluca Agostini, sound designer e compositore per il teatro, con cui è nata una prolifica collaborazione, che ha portato alla creazione del mio primo EP, di cui Gianluca ha curato la produzione e gli arrangiamenti.

L’EP io rêve/tu rave! vuole essere una festa (tu rave!) tra il sogno (io rêve) e il ricordo, un ritorno al nulla, al non-spazio da cui proveniamo, come il moto rivoluzionario di un astro che torna al suo punto di origine.

Cinque i brani al suo interno.

Partiamo con il primo Naveena, in dialetto milanese, vuole essere una scelta originale o una scelta nuova? se pensiamo all’attuale panorama musicale.

Come detto Naveena è il mio secondo nome.

Infatti questo brano, che non a caso ho voluto fosse il primo dell’EP, è proprio un manifesto identitario: la poesia che apre e chiude il pezzo è di mia nonna, dedicata a me, sua nipotina, e al rapporto con le anime antenate.

Ho voluto tradurla in milanese, grazie all’aiuto dell’attore e poeta Daniele Gaggianesi, perché l’italiano è una lingua a volte troppo letteraria e il dialetto, più immediato e carnale, si prestava di più alla pasta ritmica del brano, che ricorda quella di un mantra rituale.

E poi lo scioglilingua meneghino ti che te tachet i tac, inserito in questo contesto, ricordava un canto carnatico indiano, quindi ho pensato che questa crasi potesse essere coerente e stimolante, che costruisse dei ponti culturali.

Quand te me vègnet a trovà

In cerca de tenerèzza

I dì ciappen noeuv dimension

Voo indree in di ann

Fin a la mia giovinèzza.

Lì troeuvi anmò la mia mamma

Da la soa vos nasseven i stori

Di dèi, di omen, di dònn.

Abitant di temp passaa

Che vegniven da spazi infinii.

(…)

In tì raccòlt i anim antenaa

Di abil man

Di sens sveli

Pront a l’amor e a la piangiuda

Bèi de form

E ricch de pensee

De ‘sti antenad

Sèmm tosann.

(Quando mi vieni a trovare

in cerca di tenerezza.

I giorni assumono nuove dimensioni

vado indietro negli anni

Fino alla mia giovinezza.

lì ritrovo mia madre

Dalla sua voce nascevano le storie

Degli dei, degli uomini, delle donne

Abitanti dei tempi passati

Che provengono da spazi infiniti.

(…)

In te raccolte le anime antenate

dalle abili mani

dai sensi vigili

pronte all’amore e al pianto

belle di forme

E ricche di pensieri

Di queste antenate

Siamo figlie.)

L’operazione – continua Camilla – è articolata, ma non complessa o forzata: ho voluto rispondere ad un istinto creativo dettato dalla connessione e dagli stimoli culturali che ho ricevuto fin dall’infanzia.

È un brano molto personale, che vuole accompagnare l’ascoltatore in una danza liberatoria, nel tentativo di valicare i confini territoriali, pur rimanendo ancorati alle proprie origini.

I love you (primo brano in inglese) a chi è dedicata?

Questo brano è una cover di Billie Eilish. Non è tra i suoi pezzi più famosi, ma lo amo molto.

Ho cercato di farlo mio sia vocalmente sia a livello sonoro (in questo caso lo abbiamo lavorato in chiave trip-hop).

Non è dedicato a nessuno in particolare: forse lo dedicherei proprio a Billie, che senza saperlo mi ha dato lo spunto per emularlo e che assieme a Beth Gibbons (front woman dei Portishead) è tra le mie muse ispiratrici.

Quando c’era il nulla (un bel viaggio nel passato tra sonorità, testo e vocalità).

Chi o cosa ti ha ispirato?

Anche questo è un brano molto personale.

Il tema musicale l’ho scritto a diciannove anni. È rimasto in qualche cassetto dell’anima per tanto tempo finché, anche per la sua natura Navëe bambinesca, non gli ho costruito un testo che è un elogio all’infanzia e alla malinconia provocata dalla mancanza di quel periodo della vita, felice e irripetibile per alcuni versi, traumatico per altri.

Un dialogo di immagini tra la me bambina e la me adulta.

Il brano vuole essere un’esortazione a ripescare dentro di noi la capacità di presenza dei bambini, che è fuori dal tempo, mai nel passato, perché non se ne ha ricordo, né nel futuro, perché quest’ultimo in effetti non esiste.

È un ritorno a Quando c’era il nulla, al nulla da cui veniamo, al non-spazio temporale in cui eravamo ancora carta bianca su cui scrivere.

Dalla collaborazione con Marta Violante de La Bandita Film, la quale ha curato montaggio e ricerca d’archivio, archivio personale e non solo, è nato un videoclip musicale.

L’Alicante (brano in francese), cosa racconta?

Lo spunto è una poesia di Prévert, Alicante.

Jacques Prévert è il poeta della mia adolescenza e sicuramente anche quello di altri.

Le sue parole in questo brano, che ho scritto in un viaggio a Parigi, scorrono in loop, tra sonorità romantiche e giocose, in uno stile che pesca dall’hyperpop.

È un inno all’amore e all’eros, in chiave folle e autoironica.

Breathe (secondo brano in inglese), cosa fa mancare il respiro a Navëe?

Breathe è il primo e, per ora, l’unico brano che ho scritto in inglese.

La mancanza del respiro è dettata dalla paura di sbagliare e del troppo pensare, tratti distintivi della mia generazione.

Infatti il testo parla di una coscienza che esorta un’altra a non pensare troppo e a lasciarsi andare, per volare insieme in uno spazio siderale dove non esiste materialismo (“in a sidereal space we will fly, no materialism there we will find”).

Un invito a “toccare” e a “farsi toccare” dall’altro, a uscire dalla propria testa, per lanciarsi, perché le parole (e il troppo elucubrare) non bastano ed è tempo di urlare! (“words are not enough, it’s time to shout”).

io rêve/tu rave!’, viaggio sonoro nell’identità personale di Navëe, diventa un concerto/spettacolo intitolato Rêve-olutiòn! di Navëe, in scena Navëe e Gianluca Agostini, disegno luci Fabrizio Visconti e movimenti scenici Francesco Manenti.

Brani aggiuntivi ed elementi teatrali, fondono il sonoro e lo scenico in un’esperienza live unica.

Cosa vedremo/ascolteremo grazie a Rêve-olutiòn!?

Rêve-olutiòn! è un concerto.

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Francesco Bauco

Anzi no, è uno spettacolo.

Anzi no, è una performance.

Probabilmente è tutte queste cose insieme!

È una festa politica, una performance musicale all’insegna del gioco e del sogno come atto liberatorio e rivoluzionario. La voce e lo sguardo saranno quelli di una creatura un po bimba e un po selvatica, che muove i suoi primi passi nel mondo: Navëe. Il suo viaggio incontra diversi pianeti: dalla costellazione dei canti partigiani e delle testimonianze politiche, fino all’universo pop di icone come Britney Spears e Billie Eilish. Un ritorno a Quando cera il nulla, come il moto rivoluzionario di un astro al suo punto dorigine, a quando tutto doveva ancora essere e diventare, un viaggio a ritroso nelluniverso parallelo dell’infanzia in cui tutto è presente e il tempo non esiste.

La performance segue una logica anti-narrativa, un principio di libera associazione di immagini, come fosse una playlist psichedelica di ricordi, di sogni; un flusso di coscienza di canzoni.

Camilla Violante Scheller - Navëe

Navëe, compie un viaggio musicale attraverso le lingue e il tempo: italiano francese inglese e dialetto milanese, ninna nanne e grida, canti partigiani e onomatopee. Seguendo traiettorie punk a ritroso nelluniverso parallelo della libertà dell’infanzia, in cui tutto è presente e il tempo non esiste, il concetto di tempo diventa vissuto personale, memoria storica, il ritmo di una danza rituale. Il tempo fa tuttuno con lo spazio, con le persone presenti. È un tempo per stare insieme. La libertà bambina come pretesto surreale di liberazione personale, come sguardo alternativo sul mondo e messa in ridicolo anche di alcuni dei nostri retaggi storico- culturali, che germinano nella violenza. Un flusso di coscienza di una donna, che vuole narrare e raccontarsi in maniera poco acculturata ma molto radicale!

C’è un ascoltatore/trice che vorresti vedere seduto in prima fila?

Mio papà, che non c’è più.

Pur non essendo un musicista, ma un pittore e artista di strada, mi ha trasmesso la passione per la stessa e la curiosità verso generi musicali più disparati. Credo e spero sarebbe contento dell’avventura in cui mi sto cacciando.

Il suo brano preferito era Video kills the radio star dei Buggles!

Quali le difficoltà nel portare in scena un live come Rêve-olutiòn!?

Devo ancora mettermi alla vendita di questo progetto e di un altro – UMAN3 (una performance per fare cose e vedere gente!) – che ha debuttato a dicembre a Milano a Zona Indipendente Artistica.

Sono lavori ibridi per cui la grande difficoltà sarà trovare la loro giusta collocazione.

La sfida sarà proprio questa: teatri, sale concerti, centri sociali o festival in piazze all’aperto?

Le possibilità sono tante e i due progetti, seppur diversi, altamente adattabili.

Lascio alla mia tenacia, ma anche al caso, al tempo la loro precisa collocazione. Non mi precludo nulla. L’obiettivo più concreto, per ora, è rientrare dei costi e del tempo vitale che ho investito!

Il teatro secondo Camilla Violante Scheller?

Che domandone!

Spesso il teatro che mi piace vedere è anche quello che mi piacerebbe fare. Però il teatro che amavo a vent’anni non è più quello che amo ora. Se un tempo ero affascinata più propriamente dal teatro di prosa, incantata dalla capacità degli attori e delle attrici di gestire la parola, incarnando la letteratura e la cultura in un’animalità misteriosa; oggi rimango più spesso folgorata da quei progetti non incasellabili in un genere preciso, come ad esempio Rothko di Lukasz Twarkowski o U. di Alessandro Sciarroni.

In generale credo che il teatro sia un luogo dove la vita si concentra, si addensa, e la magia ma anche la verità dell’accadimento presente si manifesta, sia per chi è in scena che per il pubblico. È un ambito di sperimentazione artistica e sociale potentissimo!

Secondo Navëe?…

Navëe non fa ragionamenti da addetta ai lavori. Vive e basta, in maniera poco “acculturata” ma molto radicale!

In teatro c’è meritocrazia?

Non credo in generale nella meritocrazia.

È un termine che ci è stato inculcato dalla cultura americana, legato alla famosa logica del volere è potere, che genera persone frustrate. È giusto avere degli obiettivi e credere in se stessi, ma la realizzazione personale non è matematica, e forse nemmeno necessaria, come ci fanno credere. Spesso dipende da elementi che esulano dalle nostre volontà.

Gli incontri fortuiti o fortunati, il contesto sociale da cui proveniamo, il nostro genere di appartenenza, sono tutti elementi che condizionano la nostra possibilità di farci spazio nel mondo lavorativo e relazionale.

Dobbiamo accettare e dire ad alta voce, secondo me, che ci sono persone che partono avvantaggiate, per una serie di motivi e non per questo valgono più degli altri. Infatti più che la parabola volere è potere, vale quella del potere è volere!

L’ambizione, la capacità di desiderare altro per sé e spesso ottenerlo è un privilegio.

Nel mio mondo ideale, tutti e tutte dovrebbero partire dallo stesso punto e livello di opportunità.

Quindi in teatro, così come nel resto dei contesti lavorativi, non credo ci sia meritocrazia ma occasioni più o meno esaltanti che capitano o non capitano, che rispondono spesso alle logiche concorrenziali che caratterizzano il nostro tempo, ahimè, di predominanza di uno sull’altro.

Nella musica…

Credo valga lo stesso principio.

Forse però la risposta del pubblico è più immediata e cruciale, ma è un mondo che conosco poco e in cui mi sento ancora un po’ un’outsider.

Nel 2025 in ‘Locandina’ quale nome vorresti vedere più spesso quello di Navëe o quello Camilla Violante Scheller?

Sinceramente non saprei, ma se entrambi fossero spesso in locandina vuol dire che mi starei ripagando degli sforzi e delle energie impiegate in questo progetto, molto liberatorio ma anche molto faticoso e dispendioso.

Ammetto che sono molto curiosa di sapere dove Navëe mi porterà.

Mi auguro che i due nomi si alimentino a vicenda invece che annullarsi.

Camilla Violante Scheller teatralmente ha più esperienza di Navëe, cosa le diresti prima di vederla salire su di un palcoscenico? (oltre al classico merda merda merda)

Ammetto che in questo campo soffro ancora di una forte sindrome dell’impostora, riconosco che mi sto buttando in un ambito che non è propriamente il mio pane, sono agli inizi, diciamo, però ho voglia di rischiare perché in realtà penso che stare scomodi a volte sia più utile che sedersi su quello che si sa già fare.

È bello sorprendersi! 

Prima di uno spettacolo, uso spesso una frase molto volgare che ora mi tengo per me, ma oltre a quella mi direi:

“Va tutto bene, può succederti di peggio!”

Leggi qui altre interviste.

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