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Černobyl’ a teatro, nucleare sì, nucleare no?

Černobyl’ a teatro, nucleare sì, nucleare no?

Redazione Starssystem
Černobyl' a teatro

Černobyl’ – Lo spettacolo di Michele Sinisi tratto dal testo di Federico Bellini va in scena al Teatro Fontana di Milano

Vi siete mai chiesti cosa ci sia dietro un gesto semplicissimo, che tra l’altro facciamo tutti i giorni, quale accendere la luce?

Questa come molte altre azioni sono possibili grazie ad un’unica cosa.

L’Energia.

Senza energia, oggi, non potremmo fare nulla; non potremmo viaggiare, non potremmo ascoltare la musica, ma soprattutto non potreste leggere questo articolo!

L’uomo è progredito in ogni campo grazie alla conquista dell’energia, il nostro modo di vivere è cambiato nell’ultimo secolo complice l’energia e la nostra qualità della vita ormai dipende solo dall’energia.

Ovviamente l’energia non nasce da sola, abbiamo bisogno di risorse per generarla e l’uomo le ha cercate un po’ ovunque; nelle miniere di carbone, nei pozzi petroliferi fino alla più piccola particella di uranio.

Purtroppo la richiesta di energia ha delle conseguenze negative. In primis queste risorse non sono infinite, ma soprattutto questi processi creano degli scarti, che inquinano!

Allora l’uomo ha cercato fonti di energia altrove… se pensiamo alle pianure ventose fino ad arrivare agli escrementi degli animali.

Con la ricerca di energia alternativa, l’uomo ha trovato fonti energetiche migliori, la così detta energia pulita e a basso costo (nucleare, per intenderci) che ha reso Paesi più ricchi di altri. Di fatti il nostro Paese dipende da altri Paesi per l’energia e non solo. E forse, oggi, se molti ingegneri italiani avessero avuto la possibilità di continuare sull’ingegnerizzazione di impianti PEC (Prova Energia Combustibile), impianti che avrebbe dovuto classificare l’uranio esausto nelle centrali convenzionali utilizzabile nelle centrali a reattori veloci, probabilmente la fusione nucleare sarebbe stata più vicina, sicura e sfruttabile e magari con un risparmio sulle nostre bollette…

Chi può dirlo!

Ma come la mettiamo con il disastro ambientale avvenuto in Unione Sovietica nel 1986 della centrale nucleare di Chernobyl?”

Direte voi!

All’epoca dell’incidente, nel Reattore 4 di Chernobyl, a molti nostri politici non sembrava vero poter cancellare, con un vero e proprio bombardamento mediatico, il nucleare attraverso un Referendum. Ma ancora oggi ci chiediamo:

Energia pulita alias nucleare SI

Energia pulita alias nucleare NO

A questa domanda non possiamo dare una risposta, ma vi possiamo consigliare la visione dello spettacolo ČERNOBYL’ di Federico Bellini prodotto da Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Fontana di Milano, con la regia di Michele Sinisi.

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Per saperne di più sul perché nasce un testo come ČERNOBYL’ vi rimandiamo alle parole del drammaturgo Federico Bellini:

Ho scritto questo testo durante l’invasione russa in Ucraina. Non credo sia irrilevante, né che quell’evento storico non mi abbia condizionato; come pensare a Chernobyl trascurando il presente, come fosse un assoluto col quale confrontarsi fuori dal tempo? Ho osservato e osservo, come tutti noi, quel conflitto filtrato dalle televisioni, dalle immagini dei massacri ucraini, dal sangue che scivolava sulla nostra condizione di occidentali quasi come un racconto da un mondo altro. Non credo di poter parlare, o di aver potuto scrivere di Chernobyl, senza questa irruzione della realtà contemporanea nel mio piccolo mondo. Metto in connessione la guerra con l’esplosione del reattore 4 di Chernobyl perché credo che in larga parte sia il filo conduttore di questo lavoro; è chiaro, o almeno probabile che, senza la dissoluzione dell’Unione Sovietica, non ci sarebbe stata alcuna invasione, come mi è parso altrettanto chiaro che quella dissoluzione abbia un punto, se non d’origine, almeno decisivo per la sua accelerazione nella tragedia di Chernobyl.

Come noto, l’esplosione avvenne nel 1986 e solo tre anni dopo assistemmo, progressivamente, alla fine dell’Unione Sovietica con l’apertura promossa da Gorbachev; il testo mette in parallelo costante questi due eventi, la scissione dell’atomo e quella dell’URSS, come fossero un unico evento storico. Con Chernobyl, credo, non è andato in frantumi soltanto il sogno russo di una perfezione tecnica non suscettibile ad errori, ma è andato probabilmente in crisi l’uomo sovietico nei suoi tratti primari, nella sua storia, e naturalmente l’idea stessa di comunismo, o socialismo reale, declinato poi in totalitarismo di ritorno. Così il testo da un lato cerca di mettere in luce i difetti di progettazione, le incurie, le negligenze che hanno portato all’esplosione del reattore; dall’altro prova a descrivere una nazione-impero che tenta in ogni modo di nascondere un fallimento che sarebbe fatale per la sua stessa credibilità. Vediamo così apparire gli spettri di Legasov, lo scienziato a cui il regime impedì di fatto di rendere note le sue ricerche sugli errori commessi nella centrale, fino a Sacharov, il premio Nobel, fisico nucleare, che esortò Gorbachev a rivelare le omissioni del potere rispetto all’incidente a tutto il popolo russo. Il tutto avviene come in un incubo rivissuto dal Direttore della Centrale Lenin di Chernobyl, Viktor Brjuchanov, il grande imputato ma anche, da un certo punto di vista, la grande vittima del meccanismo imperialista.

Assistiamo così a spettri, emanazioni, incrostazioni di personaggi che finiscono per abitare il cervello e il corpo ormai assente di Brjuchanov, il suo muoversi verso la centrale dove è stata rilevata un’esplosione che ci porta a rinnovare o a ricostruire un nuovo rapporto col tempo, dove è possibile parlare dal passato o dal futuro, indifferentemente, come se il tempo stesso fosse in qualche modo esploso. Ho provato ad evitare, nel testo, ogni forma di possibile immedesimazione nei personaggi che hanno vissuto la tragedia, in un contesto chiaramente anti-realistico, consapevole del fatto che qualsiasi testimonianza resa rappresentazione non possa reggere alcun confronto con chi ha vissuto un dramma di queste proporzioni e in cui siamo, in modo più o meno diretto, ancora coinvolti. Non posso che citare le fonti di ispirazione per questo testo, che partono da tutta l’opera di Svjatlana Aleksievic fino alle testimonianze dirette dei sopravvissuti, alle quali ho provato ad affiancare, in una sorta di incubo sovietico, frammenti di figure letterarie che hanno contribuito alla mia formazione di lettore e drammaturgo”.

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Teatro Fontana – Milano

Dal 2 al 26 novembre 2023

Tutto inizia con un atomo di Uranio 235.

L’atomo ha un nucleo che, se colpito con un neutrone, si spacca in più frammenti liberando energia. Il nucleo, spaccandosi, genera nuovi neutroni che a loro volta possono colpire il nucleo di un nuovo atomo, spaccarlo e così via all’infinito. Questa reazione a catena libera un’energia enorme, esplosiva.

È così che funziona la fissione e così funzionava il reattore di Černobyl’ esploso nel 1986. Un accadimento che appartiene alla memoria di molti, di chi all’epoca era già nato e di chi questa storia se l’è sentita raccontare.

Černobyl racconta un incidente che ha cambiato per sempre le nostre vite, il nostro rapporto col tempo compresso in un istante infinito, centinaia di migliaia di anni schiacciati in quella fissione. Di lì a poco cadeva il muro di Berlino, i due schieramenti opposti nella guerra fredda si aprivano ad una nuova complessità di pensiero e politica. Forse proprio da quel 26 aprile dell’86 è iniziato il viaggio verso il terzo millennio e lo sguardo su ogni presente è cambiato più di quanto non si voglia ammettere.

Lo spettacolo Černobyl parte dall’incidente alla centrale per metterne in scena l’immaginario che quell’evento ha generato e Michele Sinisi si addentra in una delle tragedie più pesanti del ventesimo secolo per offrire uno sguardo lucido sul presente e sulla nostra storia, una riflessione sulla vita prima e dopo Černobyl’.

PER INFO

0269015733

teatrofontana.it

Testo Tito Ciotta

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